Terremoto, scandalo casette: "Cadono già a pezzi. Inadatte alla montagna"

Boiler gelati, infiltrazioni. Il tecnico dei moduli: "Alcuni lavori fatti con superficialità"

Terremoto, l'esterno delle casette (Foto Labolognese)

Terremoto, l'esterno delle casette (Foto Labolognese)

Ascoli, 22 dicembre 2017 - Il coordinamento dei comitati dei terremotati minaccia un esposto al governo, al commissario straordinario per la ricostruzione e alla Protezione civile «se non porranno immediatamente fine a questa mattanza psicologica delle popolazioni colpite dal sisma. Meno del 50% è stato consegnato, a oggi, del totale delle 3.664 casette richieste nelle quattro regioni». Una percentuale che nelle Marche si abbassa di molto: non arriva al 30. «Avevano annunciato l’85% dei moduli entro Natale – spiegano – ma le previsioni della Protezione civile non verranno rispettate». Non sono solo i ritardi a preoccupare: «In qualche cantiere il numero dei subappalti oscilla tra i 25 e i 30, ci sono casi di lavoratori in nero. E poi queste Sae non sono adatte per i nostri territori montani». La Cgil ha presentato un dossier sui cantieri delle casette da cui emergono «ore e lavori non dichiarati, infortuni non denunciati, rischio di infiltrazioni mafiose, forte sospetto di caporalato e operai che sarebbero prelevati direttamente nel loro Paese e portati nei cantieri». La procura di Macerata ha aperto un’inchiesta. I Cinque Stelle presentano un esposto a procure e Corte dei Conti sul costo delle casette: secondo il bando, il prezzo è di 1.075 euro a metro quadrato «ma a Bolognola – denunciano i Cinque Stelle – si arriva anche a 5.399 euro a metro quadrato», e ciò per le opere di urbanizzazione.

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di EMIDIO PREMICI

Gianni Veneziano è il direttore tecnico di Arcale, consorzio fiorentino che dal 2015 ha l’appalto per la realizzazione dei moduli e che, per il sisma 2016, ha costruito in quasi tutte le zone terremotate delle Marche.

Veneziano, le casette si rompono già. Perché?

«Purtroppo non sono case adatte per la montagna. E poi se qualcuno promette di far entrare tutti entro Natale, chi lavora per renderlo possibile è costretto a tralasciare la qualità. Anche quando si costruisce una sola casa per verificare che tutto funzioni bisogna aspettare gli allacci e, per questo, dico sempre che il primo collaudatore è chi ci abita. Queste non possono essere assolutamente considerate case per tutta la vita, ma soluzioni d’emergenza. Noi, da contratto, garantiamo la manutenzione per i primi quattro anni, dopodiché è previsto lo smontaggio. Le case possono durare fino a dieci anni».

Ma riusciranno a durare almeno quattro anni? Tra acqua calda che manca e infiltrazioni non sembrerebbe.

«È vero, in molte strutture le tubature si sono ghiacciate e siamo già intervenuti dove necessario. Purtroppo sono case pensate anche per la costa».

In che senso? Eppure paesi come Arquata sono in montagna.

«Come dicevo non sono adatte perché sono state pensate anche per la costa. Sono progetti approvati nel 2015 e allora la Protezione Civile, pensando di prevenire future calamità, si dotò di un progetto unico per le emergenze e di imprese pronte a realizzarlo. Per questo le Sae sono state create per essere costruite a Bolzano come a Palermo. Dovevano esserci almeno due progetti differenti».

E le infiltrazioni?

«Sono uscite fuori dopo che ci siamo accorti che i comignoli che proteggono lo sfiato della caldaia erano troppo bassi. Forse, nell’intento di provvedere subito, le imprese che lo hanno fatto hanno sbagliato qualcosa. Per tale motivo non posso negare che alcuni lavori siano stati fatti con superficialità».

Comignoli bassi, boiler esterni e poca spiovenza dei tetti: sono davvero nate per resistere a -15°?

«Personalmente non avrei messo i boiler, ma non c’era alternativa: la normativa italiana e l’accordo quadro vogliono, per ogni nuova costruzione, la presenza di energie alternative. Siamo stati costretti, non potevamo mica metterli dentro l’abitazione».

Cosa dice delle lunghe attese?

«Noi dovevamo realizzarle dai 45 ai 60 giorni e l’abbiamo fatto, altrimenti si andava nel penale. Se c’è qualcuno che ha perso tempo sono le amministrazioni locali e la Regione Marche. La prima nella scelta delle aree su cui costruire, la seconda nel realizzare le opere di urbanizzazione per le quali ha scelto piccole aziende locali per premiare il territorio sul lato economico, ma purtroppo non erano all’altezza di lavori così grandi».