Martedì 23 Aprile 2024

Terremoto, allevatori furiosi per le stalle nuove. "Le bestie muoiono"

Il danno e la beffa. "Non possiamo tenerle lì senza acqua e luce"

Stalle provvisorie (da video carlino)

Stalle provvisorie (da video carlino)

Pieve Torino (Macerata), 17 febbraio 2017 - SI AVVICINA al recinto delle pecore, gli animali scappano da tutte le parti e allora si vede. «Eccola lì, un’agnella di un anno, morta. Era deperita. La stalla provvisoria non è pronta. L’hanno appena montata ma ci piove dentro. Non ci sono gli allacci: né acqua né luce. Queste tende non sono adatte per noi. Perché non se ne sono accorti? Chiedetelo a chi è più scienziato di me. Io ho la terza media e faccio il pastore. Come struttura è bellissima. Enorme, due stalle in una, dicono costi 80mila euro. Ma a noi non serviva tutto questo lusso».

STEFANO ANGELI, 50 anni, è allevatore a Gabbiano di Pieve Torina, nel Maceratese. Terremotato dal 24 agosto. La notte dorme in una roulotte, «me l’ha portata la Coldiretti, io nei container non ci vado, ci sono già stato sette anni. Sei kilowatt... Ma che, sto a fatica’ per la corrente, io?». Finora gli sono morti «45 animali, di freddo, di deperimento. Un giorno o l’altro li porto in Regione, se serve arrivo a Roma. Come se ti lasciasse uno di casa. Li ho allevati io, li conosco uno per uno. La burocrazia è peggio di un tumore, non ce la faccio. Voglio andare via, basta. Ho chiesto scusa ai miei, ho detto a mia moglie, mi dispiace, mi ero sbagliato a restare dopo l’altra volta, voglio dire il terremoto del ’97». S’avvia verso un enorme tendone verde, a vederlo da fuori potrebbe essere un deposito militare. No, è la famosa stalla provvisoria. Nelle Marche dopo il primo sisma ne aspettavano una settantina, dovevano essere in funzione entro il 9 gennaio, siamo a metà febbraio e ne sono arrivate meno di trenta. Coldiretti dice che solo due funzionano davvero, allacci compresi.

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BASTA scalare i tornanti della montagna tra Ascoli e Macerata per trovare ovunque la stessa storia. Allevatori costretti a tenere gli animali nelle stalle terremotate, a loro rischio e pericolo. Tensostrutture appena montate e già allagate, senza acqua né luce, insicure, «perché qui sotto non c’è un fermo, l’unico è questo ma l’ha rotto il vento. Siamo in una zona di lupi, come faccio a tenerci le pecore?». Angeli si sfoga mentre prova ad aprire il ‘tendone’ a fatica, «guarda come deve fare un cristiano, vergogna!». La giunta marchigiana ha già fatto sapere di aver «dichiarato la risoluzione del contratto con la ditta che ha vinto la gara (della Regione Lazio)». Il rebus passa alla nuova impresa. C’è ancora da capire molto, in questa storia, punta di un’economia importante, sono tremila le aziende agricole e le stalle nelle regioni terremotate, mille gli animali morti. «Questa è zona parco, le stalle di legno non sono permesse», ragiona Giorgio Gabriele, geometra e consulente di Coldiretti. Siamo a Pomaro di Acquasanta, una piccola borgata dell’Ascolano. Qui vive e lavora Giulio Massi, allevatore piegato da sisma e neve. Ecco la stalla-tendone, «solo la struttura e gli interni costano 35mila euro – fa i conti il geometra –. Deve durare come l’emergenza. Quindi anni». A terra pozze d’acqua, «il tetto dovrà essere sostituito, ci sono buchi ovunque, non si ripara. La struttura si è piegata con la neve». A pochi passi una roulotte fissata a terra con un tirante, «era la casa dell’allevatore, una notte con il vento si è ribaltata, hanno rischiato la vita». Ora la famiglia vive in un container, questo qui davanti invece è disabitato, «l’hanno portato a dicembre ma non si può usare, non basta la corrente per riscaldarlo». Perché nei moduli è tutto elettrico.

GLI ALLEVATORI resistono ma sono esasperati. Quelli come Maria Ortenzi a Spelonga hanno le stalle in zona rossa e tutti i giorni fanno i pendolari. La donna grida tutta la sua rabbia, i gambali di gomma sono sporchi di fango fino al ginocchio. Anche lei ha il suo tendone provvisorio, per ora inutilizzabile, «hanno finito di montarlo sabato – racconta Gabriele – sui montanti è già tutto rotto». Maria grida e va a passo veloce, incurante del fango. Entra nella stalla vecchia, «ecco la sorpresa di stamattina, una pecora morta, poveretta non ce l’ha fatta a partorire. Hanno avuto il coraggio di dirmi, questo non c’entra niente con il terremoto. E allora cos’è, questo?».