Martedì 23 Aprile 2024

Papa Francesco, il Te Deum: "Abbiamo un debito con i nostri giovani"

Dedicata ai giovani la preghiera dell'ultimo giorno dell'anno: "Li abbiamo costretti a emigrare"

Papa Francesco celebra il Te Deum (Ansa)

Papa Francesco celebra il Te Deum (Ansa)

Roma, 31 dicembre 2016 - Un Te Deum dedicato ai giovani quello di questo ultimo giorno dell'anno. Nell'omelia della celebrazione dei Vespri e del Te Deum, la preghiera di ringraziamento di fine anno fatta da Papa Francesco nella Basilica Vaticana di San Pietro, il Pontefice ammonisce: "Abbiamo condannato i nostri giovani a non avere uno spazio di reale inserimento, lentamente li abbiamo emarginati dalla vita pubblica obbligandoli a emigrare o a mendicare occupazioni che non esistono o che non permettono loro di proiettarsi in un domani": sono state queste le parole del Pontefice, che non ha usato mezzi termini rivolgendosi ai fedeli tra i quali c'era anche la sindaca di Roma Virginia Raggi.

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Con i giovani abbiamo un debito, è in fatti il monito del Papa. Che ha invitato la società ad "assumere la responsabilità che abbiamo verso i nostri giovani - e anzi, si corregge -, più che responsabilità la parola giusta è debito: sì, il debito che abbiamo con loro. Parlare di un anno che finisce è sentirci invitati a pensare a come ci stiamo interessando al posto che i giovani hanno nella nostra società". Un appello a tutti quanti, che prosegue accorato: "Non priviamoci della forza delle loro mani, delle loro menti, delle loro capacità di profetizzare i sogni dei loro anziani. Se vogliamo puntare a un futuro che sia degno di loro, potremo raggiungerlo solo scommettendo su una vera inclusione: quella che dà il lavoro dignitoso, libero, creativo, partecipativo e solidale". Ma dove trarre l'ispirazione per questo tipo di traguardi? Semplice, basta "guardare il presepe: ci sfida ad aiutare i nostri giovani, perché non si lascino disilludere davanti alle nostre immaturità, e stimolarli affinché siano capaci di sognare e di lottare per i loro sogni. Capaci di crescere e diventare padri e madri del nostro popolo". Non solo: il presepe insegna anche a rinunciare alle "scorciatoie" e ai "vani protagonismi", ci sfida "a non dare nulla e nessuno per perduto. Guardare il presepe significa trovare la forza di prendere il nostro posto nella storia senza lamentarci e amareggiarci, senza chiuderci o evadere, senza cercare scorciatoie che ci privilegino".

Papa Bergoglio ha inoltre espresso perplessità per la contraddizione di "una cultura che idolatra la giovinezza cercando di renderla eterna", ma,"paradossalmente", finisce col sacrificare i propri giovani. "Abbiamo privilegiato la speculazione invece di lavori dignitosi e genuini che permettano ai giovani di essere protagonisti attivi nella vita della nostra società. Ci aspettiamo da loro ed esigiamo che siano fermento di futuro, ma li discriminiamo e li 'condanniamo' a bussare a porte che per lo più rimangono chiuse". "Siamo invitati - ha sottolineato poi - a non essere come il locandiere di Betlemme che davanti alla giovane coppia diceva: qui non c'è posto. Non c'era posto per la vita, per il futuro". Dunque, "ci è chiesto di prendere ciascuno il proprio impegno, per poco che possa sembrare, di aiutare i nostri giovani a ritrovare, qui nella loro terra, nella loro patria, orizzonti concreti di un futuro da costruire". Di nuovo, il presepe è l'esempio a cui ispirarsi: qui infatti "incontriamo i volti di Giuseppe e di Maria. Volti giovani carichi di speranze e di aspirazioni, carichi di domande. Volti giovani che guardano avanti con il compito non facile di aiutare il Dio-Bambino a crescere. Non si può parlare di futuro senza contemplare questi volti giovani".

"Non possiamo permetterci di essere ingenui. Sappiamo - ha detto ancora il Papa - che da varie parti siamo tentati di vivere in questa logica del privilegio che ci separa-separando, che ci esclude-escludendo, che ci rinchiude-rinchiudendo i sogni e la vita di tanti nostri fratelli. Oggi, davanti al bambino Gesù, vogliamo ammettere di avere bisogno che il Signore ci illumini, perché non sono poche le volte in cui sembriamo miopi o rimaniamo prigionieri di un atteggiamento marcatamente integrazionista di chi vuole per forza far entrare gli altri nei propri schemi. Abbiamo bisogno di questa luce, che ci faccia imparare dai nostri stessi errori - ha aggiunto ancora Papa Francesco - e tentativi al fine di migliorarci e superarci; di questa luce che nasce dall'umile e coraggiosa consapevolezza di chi trova la forza, ogni volta, di rialzarsi e ricominciare".

In conclusione, Francesco ha ricordato che "Dio non si è mascherato da uomo, si è fatto uomo e ha condiviso in tutto la nostra condizione. Lungi dall'essere chiuso in uno stato di idea o di essenza astratta, ha voluto essere vicino a tutti quelli che si sentono perduti, mortificati, feriti, scoraggiati, sconsolati e intimiditi". Per questo è necessario che "mentre un altro anno volge al termine, sostiamo davanti al presepe, per ringraziare di tutti i segni della generosità divina nella nostra vita e nella nostra storia, che si è manifestata in mille modi nella testimonianza di tanti volti che anonimamente hanno saputo rischiare. Ringraziamento che non vuole essere nostalgia sterile o vano ricordo del passato idealizzato e disincarnato, bensì memoria viva che aiuti a suscitare la creatività personale e comunitaria, perché sappiamo che Dio è con noi".