Giovedì 18 Aprile 2024

Lo Stato paga affitti per due miliardi ma ha 16mila immobili vuoti

Spreco di Stato: pagare con 16mila stabili liberi

Roma, quartiere dell'Eur. Qui una volta vi era la sede del ministero delle Finanze

Roma, quartiere dell'Eur. Qui una volta vi era la sede del ministero delle Finanze

Roma, 29 maggio 2017 - La contraddizione è forte: continuare a spendere soldi pubblici per mettere uffici in palazzi di privati e pagare affitti milionari, quando lo Stato ha propri immobili che non utilizza, circa sedicimila. Uno spreco enorme che se sommato a quello di Regioni, Province e Comuni porta il totale a 12 miliardi di euro. Carlo Cottarelli aveva lanciato l’allarme quando ancora si parlava di spending review.

di ANTONIO TROISE

È come se un ricco proprietario di appartamenti, ville e addirittura castelli decidesse di andare a vivere in affitto. Pagando canoni salati. E senza conoscere neppure l’esatto ammontare dei suoi immobili. È questa l’esatta fotografia di quello che avviene da decenni in Italia nella gestione del patrimonio immobiliare pubblico, in barba ad ogni tentativo di spendig review o di lotta agli sprechi. Una battaglia persa in partenza. Nonostante gli sforzi dell’Agenzia del Demanio che, da qualche anno a questa parte, è fortemente impegnata a razionalizzare e risparmiare. Ma andiamo con ordine.

I numeri dello Stato immobiliarista. Secondo gli ultimi dati disponibili e considerando solo le amministrazioni centrali, il patrimonio si attesta sui 60 miliardi di euro. Di questi, 51 miliardi (pari all’80%) sono già occupati da amministrazioni pubbliche, 7,2 fanno parte del cosiddetto demanio artistico e monumentale mentre le unità immobiliari libere sono circa 16mila per un valore stimato di 2,3 miliardi. Eppure, nonostante questo, lo Stato centrale continua a fittare immobili da soggetti terzi e privati. Nel 2017, secondo i dati disponibili dell’Agenzia del Demanio, il peso dei canoni dovrebbe attestarsi poco al di sopra degli 870 milioni di euro all’anno. Un numero sensibilmente inferiore a quello indicato, nel 2014, dall’allora commissario alla spending review , Carlo Cottarelli, e pari a 1,2 miliardi di euro (ma si arriva a 12 miliardi se si contano anche gli affitti degli enti locali). Ai quali occorreva aggiunge almeno un altro miliardo di spesa da parte delle amministrazioni periferiche. Numeri sicuramente basati su sistemi di calcolo differenti. Ma dànno l’esatta dimensione di un sistema che continua ad avere larghe aree dove poter combattere gli sprechi. Anche perché, escludendo dal calcolo i beni del ministero della Difesa (che da solo assorbe i due terzi delle proprietà pubbliche) le altre amministrazioni utilizzano immobili dello Stato solo per il 60% delle loro esigenze. Per la restante parte, paga invece un fitto passivo.

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PERIFERIA SPRECONA. Ma lo spreco è soprattutto in periferia. In primo luogo la maggior parte degli enti divora-immobili si trova nelle principali città italiane (Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino): da sole assorbono il 23% della superficie utilizzabile del patrimonio pubblico. Ma c’è di più. Secondo i calcoli più aggiornati il patrimonio immobiliare che fa capo a Regioni, Province e Comuni superi i 360 miliardi di euro. Eppure, nonostante questo ricchissimo portafoglio, si continuano a pagare salatissimi canoni di fitto.

NELLA RELAZIONE conclusiva del gruppo di lavoro sugli immobili pubblici Cottarelli aveva scritto che, ad oggi «non è possibile alcuna indicazione sulle locazioni passive pagate da enti e società partecipate diverse da quelle centrali». C’è solo una stima: oltre un miliardo di euro. Quindi, a conti fatti, rispetto a un patrimonio a nove zeri, Stato e amministrazioni periferiche spendono ogni anno qualcosa come 2 miliardi di euro di fitti passivi

(1. continua)