Venerdì 19 Aprile 2024

Social peggio di alcol e fumo. I rischi della web-dipendenza

Continua il nostro viaggio per cercare di capire se stiamo allevando generazioni di "dementi digitali"

Web-dipendenza

Web-dipendenza

Roma, 13 aprile 2017 - ALL’INIZIO fu il Tamagotchi. Il gioco elettronico creato nel 1996 dalla Namco Bandai permetteva di prendersi cura di un animaletto digitale, nutrendolo, pulendolo e facendolo giocare. Tutto avveniva schiacciando tre tasti. Il livello di dipendenza che generava era altissimo. Nel 1998, una tassista francese di 28 anni in servizio a Marsiglia investì un gruppo di ciclisti e ne uccise uno, perché stava sfamando il suo cyber-cucciolo, incurante di quello che stava succedendo in strada. La stessa scena si è ripetuta in Giappone l’anno scorso, con Pokemon Go al posto del Tamagotchi e un pensionato negli sfortunati panni del ciclista.

Non è un mistero che videogame e social network causino dipendenza. Come in tutte le cose, è l’abuso e non il normale utilizzo a rovinare le esistenze. La difficoltà più grande, a differenza di alcol o sostanze chimiche, è quella di stabilire il limite oltre il quale il consumo diventa dannoso.

L’American Psychiatric Association, la massima autorità per quanto riguarda i disturbi mentali, sta ancora valutando, nonostante anni di ricerche, se inserire la "dipendenza da game online» tra le patologie riconosciute. Nel frattempo, si continua a morire. Ci sono casi di utenti che si sono letteralmente ‘consumati’ pur di non staccarsi dallo schermo. Lo scorso febbraio Brian Vigneault, un stella dei videogame, si è spento dopo aver giocato per 22 ore consecutivamente. La webstar di 35 anni e con tre figli stava trasmettendo in diretta la sua personale maratona. Dopo essersi preso una pausa per fumare una sigaretta, è collassato nel giardino della sua casa in Virginia. Sono stati i suoi fan, preoccupati dalla prolungata assenza del loro idolo a lanciare l’allarme. Diverse ricerche svelano meccaniche preoccupanti proprio per quanto riguarda i videogiochi online. "Quando ci si sfida sul web – spiegano gli psichiatri americani – si attivano le stesse sinapsi che si accendono nel cervello di un tossicodipendente quando assume droga". Una scarica di dopamina attraversa il cervello. "Giocare provoca una risposta neurologica legata al piacere, la stessa che si prova quando si viene ricompensati. E così scatta la dipendenza".

L’USO del web e dei social network non è da meno. Secondo uno studio dell’università di Chicago, è più facile astenersi da sesso, alcol e sigarette piuttosto che rinunciare a Twitter e Facebook. Inoltre, secondo l’università di Amsterdam, pioniera nelle ricerche in questo campo, il 5% dei teenager è "dipendente" dal web. "Come per il sesso, sono gli stimoli positivi – afferma Tanya Byron della Edge Hill University – a spingerci a ripetere le stesse esperienze. Quando un nostro post su un social viene condiviso e apprezzato da altre persone ci sentiamo ricompensati e siamo spronati a scrivere nuovi messaggi, nella speranza di intercettare sempre più consensi". E allora viene quasi da rimpiangere i Tamagotchi, che ai ‘Mi piace’ preferivano un semplice piatto di riso mantecato coi bit.