Mercoledì 24 Aprile 2024

Terremoto, le ferite del sisma un mese dopo. Casette in arrivo, ma le tende restano

Ora la grande paura è il freddo: sono 3.190 gli sfollati assistiti

Vigili del fuoco ad Amatrice (Ansa)

Vigili del fuoco ad Amatrice (Ansa)

Arquata del Tronto (Ascoli), 23 settembre 2016 -  IL NUMERO che rimarrà scolpito nella memoria è 297: le persone a cui quella maledetta scossa, un mese fa, ha portato via la vita. In questi trenta giorni, troppo spesso, le cifre sono diventate qualcosa di asciutto, quasi di asettico, come se parlare dei freddi numeri potesse aiutare a dimenticare. Ma la gente di qui non vuole che questo accada. Roberto, manovale di Amatrice, è stato estratto dalle macerie quattro ore dopo la scossa che ha cambiato tutto: «Io non voglio dimenticare nulla, non voglio cancellare niente». Perché la gente di queste parti è forte e orgogliosa e non si spaventa facilmente, anche se quei numeri cocciuti stanno lì e pesano, danno i brividi: vederli insieme, uno dietro l’altro, fa impressione. E danno la dimensione di quanto ci sarà da fare per ricostruire, ripartire, tornare a vivere: oggi sono 3.190 le persone assistite nei campi e negli alberghi, 318 quelle ospitate negli hotel messi a disposizione a San Benedetto, 90 che hanno deciso di trasferirsi nei moduli abitativi provvisori e le abitazioni del progetto ‘Case’ messe a disposizione a L’Aquila.

E IN TUTTO questo ci sono delle ferite da guarire, come quella di Stella: «È impossibile raccontare quella cosa – dice senza nominare il terremoto –, è successo tutto in un attimo. Poi è sceso il silenzio assoluto, c’era soltanto polvere. E l’odore del gas e del pane bruciato, non lo dimenticherò mai». Intanto nei paesi colpiti l’autunno è arrivato, non solo sul calendario: dentro le tende il freddo comincia a filtrare come una lama sottile, la pioggia di questi giorni ha reso il panorama ancora più tetro. Però allo stesso tempo i bambini sono tornati sui banchi e le tendopoli stanno via via scomparendo; spuntano le prime immagini di come saranno le famose casette e continuano ad arrivare gesti di solidarietà, anche importanti. Che alimentano la speranza, quella che suor Mariana, scampata alle macerie del convento di Amatrice, trova nella fede: «Non devo guardare indietro, altrimenti impazzirei. Bisogna andare avanti, se Dio mi ha lasciata in vita è perché io continui a vivere». Una vita che dovrà ripartire anche dalle imprese, che il più delle volte qui sono piccole e a conduzione familiare: tanti ristoranti, bed&breakfast, agriturismi che stavano lanciando lo sprint delle ultime settimane della stagione estiva e che, nel migliore dei casi, si sono ritrovati in mano una pioggia di disdette. A chi è andata male è rimasta solo la polvere.

TRA ARQUATA del Tronto, Acquasanta Terme, Montemonaco e Montegallo sono una cinquantina le attività che sono state costrette a chiudere e 670 sono le aziende che hanno sede proprio nel cuore dell’Appennino, tra Arquata del Tronto, Amatrice e Accumoli. Ma la tempra di questa gente è quella di Carlo Grossi, che gira con il suo inseparabile cane Laga per dare una mano a chi ha bisogno: pulisce la mensa, raccoglie richieste di aiuto, ripara roulotte, consegna beni di prima necessità, e fa anche l’infermiere, suo lavoro da 35 anni. Quella notte ha perso i due figli e adesso è una colonna del campo di Sommati, frazione di Amatrice: «Prendo qualche goccia di ansiolitico per dormire qualche ora. Ho rivisto tanta gente che avevo incontrato in passate emergenze, ogni tanto scende qualche lacrima e mi allontano per non mettere a disagio chi mi è vicino». Tante storie che danno un senso ai numeri, aspettando l’ultimo che uscirà dalla conta dei danni, il punto di partenza per la fase che verrà, quella della ricostruzione e della rinascita: da fare bene, per rispetto di quei 297.