Venerdì 19 Aprile 2024

Siccità Emilia Romagna, allarme Po. "Rischio danni irreversibili"

Il livello è di quattro metri sotto il 2016

Siccità, il fondo asciutto e spezzato del Po (Businesspress)

Siccità, il fondo asciutto e spezzato del Po (Businesspress)

Ferrara, 23 giugno 2017 - A Stienta la misura della siccità la dà il pescatore Mariano Pavanello: «Vedete quel pezzo di ferro che spunta a fianco del pilone del ponte? In giugno, di solito, è ancora sommerso dall’acqua». Fai pochi chilometri e arrivi a Pontelagoscuro (Ferrara), le colonne d’Ercole del grande fiume prima che i rami si disperdano nella ragnatela del Delta. «Ieri – spiega Alessio Picarelli, dirigente dell’autorità di bacino – il livello dell’acqua era a meno 6,31 metri sullo zero idrometrico». Il 22 giugno dello scorso anno il pelo d’acqua viaggiava a meno 2,16. Quattro metri in meno di oro blu. Le tracce della siccità sono le orme lasciate da cani e curiosi fino a dove, poche settimane fa, scorreva il fiume. L’archeologia della siccità lascia sulla sabbia della crisi idrica dati e problemi. Ieri mattina la portata del fiume era di circa 700 metri cubi al secondo. «Se si scende sotto i 450 – così Picarelli – i danni all’agricoltura potrebbero essere irreversibili». Ma già sotto i 650 di portata, il cuneo salino del Delta impone soluzioni. Sotto i 450 si devono sdoganare parole d’ordine come razionamento e contenimento dei consumi.

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I SEGNI del secco sono i resti di un fiume che sempre più spesso si lascia vedere in tutta la sua delicatezza. «Da dieci anni a questa parte – spiegano dalla Canottieri Ferrara – i fenomeni di siccità sono sempre più frequenti». Il fiume si ritira e lascia scoperte le tracce dei predoni del Po. «L’altro giorno – così il pescatore Pavanello – hanno trovato chilometri di reti impigliate tra i rami. Segno che i predoni del Po, dopo la sortita, non sono riusciti a disincagliarla». I predoni, ribattezzati pirati d’acqua dolce, sono bande che dragano il fiume di notte per pescare di tutto. «Pensate – spiega l’anziano che, tutte le mattine, assicura di fare da sentinella al fiume –, ormai facciamo fatica anche a trovare siluri». Il Po restituisce, come uno specchio, la fragilità di una civiltà che vive lungo le sponde del fiume, tra le gru delle cave e le oasi. Come l’isola bianca, nel ferrarese, dove gli appassionati assicurano vi sia una delle più suggestive riserve di volatili dell’Italia del Nord. I chilometri di fondale spaccato dal sole disegnano ragnatele a perdita d’occhio. «Dalle nostre previsioni – così l’Aipo – contiamo piova verso fine mese». Il piano B non c’è. «Siamo costretti a vivere giorno per giorno». Risparmiando acqua. La cultura del Po è anche cultura della gestione e del risparmio. «Il 22 giugno del 2003, anno tremendo – si studia in un capanno in zona Francolino – c’erano oltre 10 centimetri di acqua in più rispetto allo stesso giorno di quest’anno». Numeri sulle carte e segni, come quelli che i più anziani intagliano nel bastone da passeggio. Chi vive lungo il Po è abituato a misurare e a vivere di conseguenza. Gli strumenti arrivano dopo e a conferma, il più delle volte, di ciò che la cultura fluviale aveva già intuito.

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«SPERIAMO nella pioggia – prosegue nella sua analisi Picarelli – perché quest’anno, a differenza dello scorso anno, possiamo contare sul 30% in meno delle riserve». Le riserve sono le borracce del Po , ossia tutto ciò che lungo il suo corso è «invasabile»: laghi, bacini artificiali e tutto quel che può incamerare (e conservare) l’oro blu che scende dai monti innevati e dalle precipitazioni. Si vive e si ragiona come in uno stato di guerra alla siccità: carte geografiche stese lungo i tavoli dell’osservatorio, scorte di acqua e periodi di resistenza all’assedio del secco. «Perché il secco è nemico dell’uomo: meno acqua, agricoltura in crisi e poco lavoro». Una legge antica come il fiume. Dall’argine di Pontelagoscuro i curiosi rallentano per guardare verso il basso. «E l’acqua?» sembra chiedere un bambino... «Ciò che fa più impressione – chiude il pescatore di Stienta – è quel pezzo di ferro. Era il vecchio ponte, quello che venne bombardato durante la Seconda guerra mondiale». Di solito il suo dorso di ferro e ruggine si asciuga solo in luglio. Se va avanti così, sarà un’estate da ricordare».