Sciopero taxi, luci e ombre della sharing economy

In Italia accuse di concorrenza sleale. Ma Uber e Airbnb decollano

Taxi e Uber a confronto

Taxi e Uber a confronto

Roma, 17 febbraio 2017 - CHI NON HA mai preso un taxi con Uber o affittato un alloggio con Airbnb? I due campioni più noti dell’economia collaborativa crescono in tutto il mondo e valgono ormai più di giganti consolidati come Delta Airlines. Ma sono solo la punta di un iceberg. Per chi vive negli Stati Uniti e nelle grandi capitali europee, è normale andare a cena in case private con EatWith oppure ordinare la cena da SpoonRocket, trovare la babysitter da Yoopies e risolvere le pulizie domestiche con Homejoy, ma anche la spesa quotidiana con Instacart, il bucato con Washio o mandare un mazzo di fiori con BloomThat e un regalo con TaskRabbit.

Sciopero taxi, a Roma e Milano la rivolta contro Uber

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È LA NASCITA di un mercato nuovo, che appena 5 anni fa non esisteva. Ora questo mercato è maturo e produce ricchezza, oltre che posti di lavoro. Negli ultimi cinque anni, l’economia collaborativa ha messo a lavorare quasi 3 milioni di persone solo negli Usa, il che rappresenta il 20% della forza lavoro americana e il 38% dei nuovi posti di lavoro a stelle e strisce. In Europa si stima che i ricavi generati nel 2015 dalle piattaforme di collaborazione attive in 5 settori chiave siano arrivati a 3,6 miliardi di euro. Se si allarga lo sguardo anche alle altre piattaforme, le indagini parlano di 28 miliardi di ricavi lordi. 

Quale che sia il perimetro, il ritmo di crescita è vertiginoso, superiore al 25% all’anno, e il vantaggio che si potrebbe ricavare da un migliore utilizzo delle tecniche di sharing potrebbe arrivare a 572 miliardi di euro. Ma come sempre la tecnologia va più veloce del legislatore e il nuovo mercato si muove in una nebbia normativa che inquieta. Non per niente l’Europa si sta muovendo per dare una regolata a questo mercato, con la relazione di Nicola Danti, passata recentemente nella commissione Mercato interno dell’Europarlamento e destinata ad arrivare in seduta plenaria ad aprile o a maggio, per l’adozione definitiva.    STESSO tentativo in corso anche in Italia, dove però siamo ancora molto indietro e ieri la protesta dei taxi anche contro il rinvio delle regole su Uber e gli Ncc ha bloccato il Paese. Da più di otto anni si attende (invano) dal governo un piano di riorganizzazione complessivo del settore e si continua a sospendere, com’è successo anche con l’ultimo decreto Milleproroghe, l’applicazione delle norme introdotte nel 2008, che erano già vecchie alla nascita. «Abbiamo continuato a sospendere fino al 31 dicembre quella norma che impone ai noleggiatori di dover tornare in autorimessa dopo avere portato il cliente a destinazione», ha spiegato la senatrice Linda Lanzillotta, firmataria della proroga, perché «la concorrenza non si evita obbligando altri operatori a rispettare norme vessatorie». Ora che ciascuno di noi porta in tasca un computer, che lo colloca nello spazio e lo connette con il mondo, è naturale sfruttare la novità a fini economici. La crescente diffusione e potenza degli smartphone facilita i contatti diretti fra chi offre un servizio e chi lo richiede, tanto da rendere le piattaforme digitali molto più vantaggiose dei sistemi tradizionali di aggregazione della domanda.    DA QUI nascono modalità nuove di fruizione, che hanno bisogno di regole nuove, per tutelare i consumatori senza danneggiare le esigenze di velocità, praticità, convenienza e – non ultimo – un modo nuovo di condividere. Non per niente si chiama sharing economy: cenare (anche pagando) a casa di qualcuno, con cui alla fine s’instaura inevitabilmente una relazione amichevole, non è lo stesso che cenare al ristorante, in mezzo a tanti perfetti sconosciuti.  È chiaro che il consumatore va tutelato, ma in parte sono le stesse piattaforme, con i giudizi degli ospiti precedenti, molto difficili da manomettere, a offrire una certa garanzia. Le conseguenze sono vaste e tutte piuttosto spiacevoli per le aziende a cui Airbnb, Uber o EatWith fanno concorrenza, dagli alberghi ai tassisti, passando per i ristoranti. La soluzione, però, non può essere tornare all’antico, con la soppressione dei vantaggi derivanti dalle nuove tecnologie e la cancellazione delle esigenze degli utenti.   

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