Mercoledì 24 Aprile 2024

Rovigo, si getta sotto il treno a 22 anni. "Oggi mi laureo", ma non era vero

A casa era tutto pronto per la festa. Terzo caso in 24 ore Ragazzi suicidi, lo psichiatra: "Basta genitori amici dei figli"

Alberto Duò

Alberto Duò

Rovigo, 15 febbraio 2017 -  TRE SUICIDI in un giorno. Tutti con protagonisti dei ragazzi giovani o addirittura giovanissimi. Aveva sedici anni il liceale di Genova che lunedì pomeriggio si è gettato giù dal balcone di casa davanti agli occhi della madre. I finanzieri l’avevano avvicinato all’uscita di scuola e gli avevano trovato addosso un pezzetto di hashish. Accompagnato nella sua abitazione per una perquisizione domiciliare, era stato lui stesso a consegnare alle Fiamme gialle dieci grammi di fumo, nascosti in casa.

Poi, mentre la mamma stava parlando con i militari, il figlio ha deciso di farla finita. Era una diciasettenne, invece, la ragazzina che nel Milanese, durante un viaggio con il padre in auto, si è slacciata all’improvviso le cinture di sicurezza prima di buttarsi fuori dall’abitacolo in corsa ed essere travolta da un tir. A Rovigo l’ultimo caso: un ventiduenne si è gettato sotto un Frecciarossa alla stazione. Oggi si sarebbe dovuto laureare, come aveva detto ad amici e parenti. Ma era tutto falso.

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ERA TUTTO pronto, il papiro, il regalo, il rinfresco. Gli amici e i genitori gli avevano preparato una bella festa. Invece lui, con lucida follia, si è lanciato sotto un treno senza lasciare neanche un biglietto. Quella bugia portata avanti per anni si è trasformata in un’angoscia che lo ha divorato. Una strada senza uscita per un ragazzo di 22 anni di Badia Polesine, in provincia di Rovigo. Piuttosto che confessare ai genitori e agli amici la verità sul suo finto percorso universitario, ha deciso di togliersi la vita.  Lo ha fatto la sera prima di San Valentino, tanto che pareva che il gesto fosse causato da una delusione d’amore. Così non era. Il giorno degli innamorati per tutti sarebbe stato il giorno della sua finta laurea in Ingegneria. E al peso del bluff svelato, ha scelto la morte sotto un treno.    ALBERTO Duò per i suoi genitori, era un figlio modello. Forse un po’ chiuso e introverso, ma non più di tanto. Un bravo ragazzo che non aveva mai creato problemi in famiglia. Amava stare in compagnia e giocare a tennis, al punto che gli amici gli avevano comprato la maglia di Nadal e una racchetta come regali di laurea. Il papiro era un grande cruciverba. Avrebbe dovuto indovinare le parole riguardanti la sua vita.  Ora resta solo un grande vuoto per una giovane vita spezzata. Dopo il liceo scientifico nel 2013 si era iscritto alla facoltà di Ingegneria a Ferrara e quando tornava a casa, negli anni, la madre, il padre, la sorella di 16 anni, erano orgogliosi di lui.  Finalmente il traguardo si avvicinava: la discussione della tesi e il tanto sudato pezzo di carta. «Mi laureerò il 14 febbraio», aveva detto alla famiglia e agli amici. Ma la sera prima quella valanga di menzogne devono aver fatto a pugni con la coscienza del ragazzo. Tutto finto. Una maschera e un ruolo interpretato per anni ma che l’altra sera deve aver preso a morsi l’animo di Alberto. Tormentato da una vergogna troppo grande per lui, ha cercato la morte.   COSÌ, alla guida della Golf è arrivato a Rovigo. Ha parcheggiato l’auto in via Petrarca, erano le 20.15 di lunedì. Poi con il suo piumino nero si è incamminato verso la stazione dei treni, poco distante. Ha aspettato 35 minuti sulla banchina del binario 2, poi alle 20.50 si è spostato al binario 3 e si è gettato sotto il Frecciarossa diretto a Venezia che viaggiava ad oltre 100 km all’ora.  Il conducente del treno non ha potuto evitarlo. Quando gli agenti della Polfer e della Volante sono intervenuti, assieme al medico del 118, si sono trovati davanti ad una scena raccapricciante. A terra era rimasto un portafogli, attraverso il quale gli agenti sono riusciti a risalire all’identità della vittima. La circolazione ferroviaria è ripresa regolarmente solo dopo l’1 di notte.  «Nostro figlio non era depresso. Al contrario, proprio oggi avrebbe dovuto sostenere la discussione della sua tesi di laurea in Ingegneria», hanno detto i genitori agli agenti della Polfer con le mani alla testa. Un controllo al suo libretto universitario e una telefonata in facoltà, hanno spiegato più di mille parole lasciate su un biglietto d’addio mai scritto.