Hotel Rigopiano, la rabbia dei parenti: "Diteci i nomi dei sopravvissuti"

"Siamo senza notizie", la protesta di decine di parenti e amici

Un dottore dell'ospedale di Pescara (Afp)

Un dottore dell'ospedale di Pescara (Afp)

Pescara, 21 gennaio 2017 - CALA una sera acquosa, fa sempre più freddo sotto il Gran Sasso, ma dalle macerie dell’hotel Rigopiano vengono tirati fuori tre bambini. È forse l’ultima sorpresa di una giornata che ha già del miracoloso, perché si è passati dalla disperazione per quasi trenta persone sepolte dalla valanga alla salvezza o alla speranza per almeno una decina di loro. I bambini salvati sono 4, l’ultima è Ludovica, figlia del cuoco Giampiero Parete che può riabbracciare anche la moglie e l’altro figlio Gianfilippo, recuperati in mattinata. Ma per una famiglia che si ricompone c’è un saliscendi di emozioni per familiari e amici degli altri dispersi, che per ore si saranno chiesti chi fossero le persone salvate. Una tensione diventata contestazione durante la conferenza stampa sulle condizioni di salute dei superstiti ricoverati a Pescara. Alcuni familiari hanno urlato a squarcia gola, pretendendo informazioni sui loro cari. «Sono sotto otto metri di neve e sono 50 ore che aspettiamo di avere notizie su chi è vivo. Vergogna», hanno gridato. Il personale sanitario ha cercato di tranquillizzarli, spiegando loro che gli operatori conoscono solo i nomi delle persone già arrivate in ospedale.   LA GIORNATA è estenuante per le famiglie. Quando in tarda mattinata si diffonde la voce che in sei sono stati individuati e forse già tirati fuori dalla prigione di neve e detriti dell’albergo, decine di familiari sono riuniti in alcune stanze dell’ospedale di Penne, il centro maggiore vicino al luogo del disastro.  Da giovedì sera si sono viste scene di sconforto e di angoscia profonde, raccontano medici e infermieri del San Massimo; i parenti delle vittime, diverse delle quali lavoravano al Rigopiano e sono di queste parti, si raccolgono nell’ex biblioteca dell’ospedale, con l’assistenza degli psicologi. «Ci sono famiglie, genitori di ragazzi, le vittime sono in gran parte giovani – racconta Vincenzo Di Giovanni, anestesista del pronto soccorso –. Finché non avranno notizie definitive la loro ansia resterà tremenda».   UN’INFERMIERA riferisce a qualcuno al telefono di urla, pianti e molto nervosismo nella sala dei parenti. Fuori ci sono giornalisti anche francesi e spagnoli. I pochi familiari dei dispersi che escono appaiono affranti e con poca voglia di parlare. «Non sappiamo ancora nulla – dice una donna –, lasciateci stare, per favore».