Raggi, l’inchiesta porta ad Ama. Romeo: nelle polizze soldi miei

"Con lei una relazione personale". Poi l’ex collaboratore nega

La sindaca di Roma Virginia Raggi  (LaPresse)

La sindaca di Roma Virginia Raggi (LaPresse)

Roma, 4 febbraio 2017 - L’ALTRA SERA è finita così. Con Virginia Raggi davanti ai pm (che la accusano di abuso d’ufficio e falso per il caso Marra) che riceve anche la notizia di una polizza vita per 30mila euro stipulata un anno fa a suo beneficio dall’ex capo della segreteria Salvatore Romeo con la motivazione «relazione personale». Lei inizialmente barcolla. «Non ne sapevo nulla, sono sconvolta». Ma sentendo la motivazione, scoppia a ridere, raccontano le cronache.

ALL’USCITA, dopo otto ore di interrogatorio dirà. «Ho chiarito, ho risposto a tutte le domande». E poche ore dopo, all’alba: «Mi sento ancora nel Movimento e non penso affatto alle dimissioni». Per poi aggiungere entrando in Campidoglio: «Ho la fiducia del M5S, ho anche sentito Grillo. Mi ha detto che farà polizze per tutti».

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Malgrado l’avvocato della Raggi, Alessandro Mancori, faccia trapelare sapientemente che la Procura ha messo una pietra tombale sull’ipotesi di aprire un altro filone d’inchiesta sulla questione delle polizze (che poi sono due a nome della Raggi, non una sola), da piazzale Clodio filtra un’altra verità. Che, cioè, al momento non ci sono ipotesi di reato su questo fronte, ma nulla è chiuso in modo definitivo. Sono oltre 130 mila euro investiti da Salvatore Romeo in 15 anni e stipulati in favore anche della sindaca, di ex fidanzate, attivisti M5S e impiegati comunali. La Procura di Roma precisa che nel risiko di polizze non sarebbe emerso per ora nessun meccanismo di autofinanziamento o un’utilità corruttiva. «Li stimavo e le polizze le ho stipulate perché offrivano un rendimento certo», la spiegazione dell’ex capo della segreteria. Anche gli attivisti-beneficiari delle polizze, ascoltati dai pm, hanno escluso meccanismi di autofinanziamento. Ora gli inquirenti, per la verità, stanno battendo una pista che porta sulle tracce dell’Ama, la municipalizzata dei rifiuti di Roma, ‘tesoro’ nero della Capitale dove, guarda un po’ il caso, si ricongiungono i fili dei ‘quattro amici al bar’.

RIEMERGE, congiungendo i fili, anche l’ufficio Sammarco, storicamente legato a quello di Previti a Roma, dove la Raggi ha fatto la praticante e che annovera tra i clienti Franco Panzironi, proprio lui, per anni il ras dell’Ama, imputato in varie inchieste: dai rifiuti a parentopoli. Quando una delle società che fanno capo a Panzironi, finì sull’orlo del fallimento, l’amministratore delegato Gloria Rojo si dimise e la Raggi fu chiamata a prenderne il posto. «Un ruolo tecnico», liquidò lei. Da sindaco, si prenderà accanto Paola Muraro come assessore all’ambiente, che si dimetterà da indagata e Virginia dirà: «Me l’hanno imposta». Chi è stato? Non Grillo, né il Movimento. Allora chi? Poi c’è Raffaele Marra. Di lui diceva il costruttore Scarpellini. «Senza di lui non si muove niente». Ieri la Raggi è andata anche oltre: «Marra mi ha aperto le porte del Campidoglio, sapeva tutto, anche dei regolamenti».

EBBENE, anche Marra ha iniziato la sua scalata grazie a Panzironi, dopo essere divenuto molto amico del figlio nel periodo in cui è stato dirigente dell’Unire, dopo aver rotto con Alemanno, prima di approdare alla Regione Lazio con Polverini. «Voglio anche chiarire che non c’è stata e non c’è alcuna relazione fra me e Virginia Raggi» ha scritto ieri Romeo su Facebook. Inoltre, Romeo sottolinea come «le polizze nulla hanno a che vedere con il M5S, né tantomeno sono state aperte a favore di suoi esponenti in modo da favorire Raggi piuttosto che un altro candidato alle primarie per la scelta del sindaco di Roma». Per poi aggiungere: «Grave e non vera è la tesi secondo cui le somme con cui sono state aperte tali polizze non sarebbero state in realtà mie ma di terzi, con ciò facendomi passare per un tesoriere occulto o un prestanome», aggiunge.

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