Omicidio Varani, chiesti 30 anni per Foffo e il rinvio a giudizio per Prato

Le richieste del pm Francesco Scavo per il massacro dello studente ucciso da due 'amici' al termine di un festino a base di droga e sesso

Luca Varani, lo studente universitario ucciso in un appartamento di Roma (ansa)

Luca Varani, lo studente universitario ucciso in un appartamento di Roma (ansa)

Roma, 6 febbraio 2017 - Omicidio Varani, è il giorno delle richieste dell'accusa: una condanna a 30 anni di reclusione per Manuel Foffo e la sollecitazione del rinvio a giudizio per Marco Prato, ha chiesto il pm Francesco Scavo nell'ambito del processo - rito abbreviato per Foffo, rito ordinario per Prato - nel quale i due sono accusati di avere massacrato e ucciso Luca Varani nel corso di un festino a base di droga in un appartamento alla periferia di Roma. Al processo si presentano come parti civili i genitori di Luca e la sua fidanzata. 

LE ACCUSE - Foffo e Prato in particolare sono accusati di omicidio premeditato con le aggravanti della crudeltà e dei motivi abietti e futili. Secondo il pm Scavo, fu un massacro pianificato in modo lucido, mentre la scelta della vittima è stata fatta dopo una sorta di macabro casting.  Già nell'atto di chiusura indagini, la Procura aveva di fatto ricostruito l'intera vicenda ritagliando un ruolo "paritario" ai due nell'omicidio. Le strade dei due ex amici, però, si sono divise il giorno dopo il festino del 4 marzo scorso nell'appartamento di Via Igino Giordani, terminato nella follia omicida. L'avvocato Michele Andreano, difensore di Foffo, nel chiedere il rito alternativo al gup Nicola Di Grazia ha depositato una perizia medica, contenente analisi tossicologiche e psichiatriche, secondo la quale la capacità di intendere e di volere del suo assistito al momento dei fatti era grandemente diminuita a causa dell'uso cronicizzato di alcol e droga. 

LA SCELTA DELLA VITTIMA - Secondo quanto scritto dal pm nel provvedimento di chiusura indagine, i due presunti assassini "dopo aver fatto entrambi ripetuto uso di sostanze alcoliche e stupefacenti nei giorni antecedenti l'evento", la notte del 3 marzo erano usciti dalla casa di Foffo, in via Igino Giordani, alla periferia est della capitale, e avevano "girato in macchina per la vie di Roma alla ricerca di un qualsiasi soggetto da uccidere o comunque da aggredire al solo fine di provocargli sofferenze fisiche e togliergli la vita". Tornati a casa, all'alba del 4, hanno chiamato Luca Varani invitandolo a recarsi nell'appartamento. Una volta arrivato nell'abitazione, i due imputati lo "hanno fatto denudare", scrive ancora il pm, per ottenere una prestazione sessuale e gli hanno offerto una bevanda con una dose di psicofarmaco che "lo stordiva a tal punto da costringerlo a recarsi in bagno": lì ha avuto inizio l'atroce massacro che si è concluso, due ore dopo, in camera da letto, con la morte del ragazzo.

image GLI AGUZZINI - Le verifiche effettuate dagli inquirenti in questi mesi hanno confermato il ruolo dei due presunti assassini nella morte del giovane, ucciso a coltellate e colpi di martello. Tracce biologiche di entrambi sono presenti sulle armi, almeno tre, usate per uccidere Varani e questo farebbe cadere la tesi dei difensori di Prato secondo i quali il pr romano non avrebbe partecipato attivamente all'omicidio. 

IL MASSACRO - La vittima è stata colpita un centinaio di volte con martello e coltelli: prima un colpo alla testa, con il quale il giovane dopo esser stato drogato, è stato stordito. Secondo il referto dell'autopsia gli assassini si sono prima accaniti con le martellate su testa e bocca del giovane. Poi hanno tentato di strangolarlo con una corda di nylon e subito dopo, con almeno due coltelli da cucina, gli hanno massacrato la gola aprendola completamente senza però tagli letali.  Il corpo di Luca presentava almeno trenta ferite, meno profonde, su petto e testa che gli sono state inferte forse solo per vederlo soffrire. La vittima è morta dissanguata, e solo allora, dopo quasi due ore di sevizie, gli assassini hanno smesso di infierire sul suo corpo. 

DOPO IL DELITTO - Secondo quanto raccontato da Foffo, che confessò l'omicidio il giorno dopo averlo commesso, dopo la morte del ragazzo i due amici dormirono a fianco del cadavere per circa sei ore. Poi, nel pomeriggio del 4 marzo, lasciarono la casa per liberarsi degli abiti sporchi di sangue e del telefono cellulare della vittima. Quella notte Prato si fece accompagnare dall'amico in un albergo di piazza Bologna, dove sabato, a quanto raccontò, avrebbe tentato il suicidio con un mix di alcol e barbiturici. Foffo invece passò la notte nell'appartamento del massacro, dormendo su un divano, a pochi metri dal cadavere. La mattina del 5 marzo, Foffo raccontò al padre quanto accaduto e decise di costituirsi. Fu lui a portare i carabinieri nella casa dove il corpo della vittima giaceva da un giorno e mezzo. Quando gli inquirenti gli chiesero perché avesse ucciso il giovane, lui rispose solo: "Volevamo fare male... a qualcuno".