Sabato 20 Aprile 2024

Omicidio Alatri, Castagnacci scarcerato il giorno del massacro. Bufera sul giudice

Emanuele Morganti ucciso a botte, un assalitore era stato fermato con maxi dosi di droga L'autopsia sul corpo di Emanuele

Mario Castagnacci

Mario Castagnacci

Roma, 30 marzo 2017 - AGLI ARRESTI a Regina Coeli, separati e in isolamento, per evitare contatti con gli altri detenuti: urla e insulti, come da prassi. Mario Castagnacci, 26 anni, e Paolo Palmesani, 19 anni, i due fratellastri di Alatri fermati con l’accusa di omicidio volontario di Emanuele Morganti, 19 anni, residente nella storica frazione di Tecchiena, sono guardati a vista dagli agenti penitenziari. In queste ore, una cella singola nella Capitale è il luogo più sicuro in cui i principali indagati possano nascondersi. Ma anche il luogo in cui, in un Paese normale, almeno uno dei due avrebbe dovuto risiedere da giorni, anziché partecipare al pestaggio di un coetaneo a pugni e sprangate.

Giovedì 23 marzo, la sera prima dell’efferata esecuzione davanti al disco-pub Mirò di Alatri, Castagnacci, il più anziano dei due (il ‘cuoco’ già beccato nel 2011 con 5 chili di hashish) era infatti stato arrestato a Roma con altre tre persone. Nell’appartamento del Pigneto in cui si trovava, i carabinieri hanno rinvenuto 300 dosi di cocaina, 150 di crack e 600 di hashish. Senonché, la mattina dopo, il gip di Roma ha sì convalidato gli arresti ma, accogliendo la tesi di «consumo di gruppo» avanzata dal legale di Castagnacci, ha anche disposto la contestuale remissione in libertà del quartetto – in attesa del processo – senza misure restrittive di alcun tipo. Neppure l’obbligo di firma richiesto dal pm.

Così venerdì 24 marzo, nonostante i pesanti precedenti, Castagnacci è rientrato ad Alatri, ha potuto imbottirsi di alcol e droga – sostengono gli investigatori –, e spadroneggiare nella piazza davanti al Mirò uccidendo Emanuele Morganti: forse senza un preciso perché, forse solo per affermare la legge del branco. Un quadro devastante che ieri ha spinto il legale di Castagnacci a rinunciare alla difesa. «È stata una decisione autonoma, senza pressioni – spiega l’avvocato Tony Ceccarelli –. Non sono stato minacciato né ho avuto pressioni. Lo dico perché in questi giorni sono stati molti i colleghi, anche di indagati più marginali, che sono stati minacciati e malmenati». Resta invece al suo posto l’avvocato di Palmisani.

IN UN CLIMA da guerra civile, dove il desiderio più social è l’impiccagione dei presunti colpevoli senza processo, tutti i parenti dei principali indagati sono fuggiti da Alatri. Ovvio il timore di vendette e ritorsioni, specie dopo il rogo di un’auto e il crescendo delle minacce. Martedì, nonostante la fiaccolata, a Tecchiena è addirittura scoppiata una rissa tra due fazioni di amici e parenti della vittima: la prima intendeva partire a caccia dei ’nemici’ a piede libero; l’altra voleva impedirlo. Ne ha fatto le spese la troupe di La7 , aggredita sul posto. Mentre le forze dell’ordine potenziano i servizi di pattugliamento, la procura di Frosinone prosegue le sue scrupolose indagini. Dall’autopsia sul corpo di Emanuele (l’incarico sarà attribuito oggi) gli inquirenti si attendono importanti contributi: in particolare capire se, oltre ai colpi di grazia inferti dai fratellastri, possa aver concorso a provocare la morte anche un’eventuale emorragia interna scaturita dai calci e dai pugni degli altri cinque indagati a piede libero, tra i quali il padre di Castagnacci e i buttafuori del Mirò.

​IERI sera è toccato ad Alatri commemorare Emanuele con una processione silenziosa rotta solo da un lungo applauso. Hanno partecipato 2.000 persone, anche da Techiena. Il momento di maggior commozione quando i giovani di Alatri hanno acceso decine di lumini nell’angolo di piazza in cui Emanuele, ormai agonizzante, era stato gettato dai suoi carnefici.