Martedì 23 Aprile 2024

Roma, svelato il segreto dell’obelisco. Messaggio di Mussolini ai posteri

L’Italia salvata da Mussolini nel testo (invisibile) inciso nel monumento

L'obelisco di Roma (Olycom)

L'obelisco di Roma (Olycom)

Roma, 1 settembre 2016 - L'obelisco del Foro Italico, monumento celebrativo di Benito Mussolini issato nel 1932, nasconde un segreto, un messaggio ai posteri del Duce del fascismo. Due studiosi, Bettina Reitz-Joosse dell’Universitèà di Groninga e Han Lamers dell’Università di Lovanio,  sono stati i primi a studiare nel dettaglio e a tradurre il cosiddetto “Codex Fori Mussolini”. Anche se il messaggio resta invisibile sotto i blocchi di granito, i due sono riusciti a ricostruirlo attraverso tre diverse fonti emerse nelle biblioteche e negli archivi della capitale.  Il testo in latino, concepito da Aurelio Giuseppe Amatucci, illustra la genesi del fascismo e i successi di Mussolini, descritto come salvatore dell’Italia; tratta dell’Organizzazione della gioventù fascista; infine racconta la costruzione del Foro Italico – all’epoca noto come Foro Mussolini – e l’erezione dell’obelisco. Sotto l’obelisco sono sepolte alcune monete d’oro, come in uso durante il Rinascimento. Secondo i due studiosi il messaggio era stato pensato per essere letto dopo l’abbattimento dell’obelisco e di conseguenza dopo la caduta del regime, quindi il Duce avrebbe in qualche modo preventivato la caduta del suo regime. L’obelisco del Foro Italico è stato al centro di una polemica quando la presidente della Camera, Laura Boldrini, propose di mantenerlo al suo posto ma di togliere la scritta “Mussolini Dux”.

 

di FRANCESCO PERFETTI

Il primo imperatore romano, Ottaviano Augusto, dettò una lunga epigrafe, passata alla storia come Res gestae divi Augusti, destinata ai posteri e incisa su lastre di bronzo poste davanti al Mausoleo fatto costruire in suo onore a Roma. Era una breve autobiografia con la quale l’erede e figlioccio di Giulio Cesare intendeva lasciare al mondo intero una sorta di testamento morale rivendicando i suoi meriti e ricordando le tappe più significative della sua vita pubblica, di militare ma anche di politico e di legislatore. Quel testo, ricordato da Svetonio, venne scoperto molti secoli più tardi, a metà del XVI secolo, inciso sulle pareti di un tempio dedicato a Roma e ad Augusto in Turchia. Ed è, ormai, considerato una importante fonte storica.

Più di mille anni dopo, un’altra epigrafe commemorativa di un nuovo Cesare, salito sui «colli fatali» di Roma, Benito Mussolini, venne incisa alla base dell’obelisco che fronteggia il Foro Italico e sul quale campeggia quella stentorea iscrizione “Mussolini Dux” al centro, qualche tempo fa, di una speciosa polemica che ne voleva la cancellazione in nome di un antifascismo viscerale e poco rispettoso della storia. Non fu, però, il Duce a scriverla, ma un latinista, all’epoca rinomato, Aurelio Giuseppe Amatucci, il quale, in un latino classicheggiante, volle ricordare le motivazioni dell’avvento del fascismo, rammentarne le opere ed esaltare la figura di Mussolini presentato come un uomo della Provvidenza, un nuovo Cesare venuto a salvare l’Italia e il popolo italiano.

Questa iscrizione, insomma, era, se così si può dire, una sorta di Res gestae divi Mussolini. Ma con una differenza.

Quando Augusto scrisse le sue Res gestae era prossimo alla morte e il suo testo ambiva ad essere un bilancio finale. Quando, invece, fu scritta l’incisione dedicata a Mussolini il fascismo era nel momento del suo maggiore successo. Il Foro Italico, infatti, venne costruito all’inizio degli anni Trenta, nel pieno cioè di quelli che Renzo De Felice ha definito «gli anni del consenso», non solo italiano ma anche internazionale, al regime.

Questa osservazione è importante perché lascia perplessi sulle elucubrazioni dei due studiosi che hanno ben ricostruito e decifrato il testo latino pomposamente definito Codex Fori Mussolini. Essi lasciano intendere, per esempio, che la scelta del latino potesse essere stata dettata sia dal proposito di stabilire un collegamento tra fascismo e impero romano sia da una, pur non espressa, intenzione di avallare l’idea del latino come «lingua universale», in modo da contrapporre una «internazionale fascista» alla «internazionale comunista». Il che, a ben vedere, sembra davvero troppo.

Che il mito di Roma, della Roma imperiale, fosse accarezzato dal fascismo come rivendicazione storica di un passato ritenuto glorioso è un dato di fatto. E che in un monumento di taglio classico ci fossero iscrizioni in latino, a cominciare proprio dal Mussolini Dux, è più che naturale: avrebbe fatto ridere un testo apologetico scritto in italiano.

Ancor più perplessi lascia, però, l’illazione secondo la quale il messaggio, per il fatto di non essere immediatamente visibile, non sarebbe stato destinato ai contemporanei (ma, ci chiediamo, quale monumento è costruito per i soli contemporanei?) e rivelerebbe, così, la consapevolezza che il regime fosse destinato a finire. Il che, negli «anni del consenso», era del tutto inipotizzabile. Probabilmente ci sono spiegazioni più semplici, e magari legate alle esigenze di costruzione dell’obelisco, per il fatto che l’iscrizione sia, ad opera compiuta, rimasta coperta.

Non creiamo, in nome dell’antifascismo, misteri storici che non ci sono!