Mercoledì 24 Aprile 2024

"Le islamiche denuncino le violenze". L'imam tende la mano a Minniti

Per il capo dell’Ucoii si devono rispettare i valori della Costituzione. "Tra gli italiani di fede islamica, gli arabofoni non sono neanche la metà. Da qui la nostra battaglia"

Musulmani in preghiera (Newpress)

Musulmani in preghiera (Newpress)

Roma, 23 settembre 2017 - Sul rapporto fra l’uomo e la donna e sulla relazione fra lo Stato laico e la religione il ministro dell’interno Minniti ha detto che i musulmani debbono semplicemente «assimilarsi». Izzeddin Elzir, 46 anni, palestinese di Hebron, dal 2010 presidente dell’Ucoii, l’organizzazione islamica italiana più vicina ai Fratelli Musulmani, sostiene che su questi temi «non esiste una parte contrapposta all’altra. Il nostro Paese è laico nel senso di una laicità sana, ossia accogliente e non escludente. Chi fa discriminazioni non rispetta il creato di Dio e l’articolo tre della nostra Costituzione è molto chiaro. Chi distingue il rispetto dell’altro sulla base del sesso sbaglia. La comunità non ha poteri in materia. Ma se un uomo usa violenza a una donna, lei può all’inizio consigliargli di smetterla e poi, se continua, denunciarlo alle autorità italiane. In ogni caso il mio invito a chi legge questi sondaggi è di prenderli con saggezza e con responsabilità. Il rischio è di innescare altre paure, di aumentare l’islamofobia».

Il 27 per cento degli intervistati dichiara di comprendere le ragioni dei protagonisti di attentati, pur non condividendo il ricorso alla violenza. «Lo stesso sondaggio dice che il 50 per cento degli interpellati non conosce la lingua italiana. Hanno capito la domanda o no? E’ corretto essere dalla parte dei giusti, di chi soffre, di chi lavora per la giustizia. Ma certamente l’uso della violenza è condannato, senza se e senza ma, e mi dispiace che il termine jihad sia stato tradotto con le parole ‘guerra santa’. Le guerre sono sporche, non esiste una guerra santa».

Ipr marketing ha rilevato che in Italia il 58 per cento dei musulmani non si sente integrato. «Vuol dire che per l’integrazione, ma io preferisco usare il termine interazione, non è stato fatto abbastanza. Non casualmente noi dell’Unione delle Comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia abbiamo fatto il patto di cittadinanza a Firenze e a Torino e poi lo abbiamo proposto al ministro Minniti. L’intesa è stata firmata dalla maggior parte delle realtà che rappresentano i musulmani in Italia. All’interno si parla dell’importanza della lingua italiana. Il primo passo per l’interazione-integrazione, è la conoscenza della nostra cultura e della nostra legislazione e la condivisione dei valori che sono espressi nella nostra Costituzione».

Per i sermoni degli imam l’italiano dovrebbe essere obbligatorio? «Guardi che siamo stati noi a sostenere l’importanza dell’uso della lingua italiana accanto all’arabo. Il motivo è semplice: se consideriamo le statistiche degli italiani di fede islamica, vediamo che gli arabofoni non rappresentano neanche il 50 per cento. L’Imam deve trasmettere un messaggio. Un fratello del Bangladesh, del Pakistan o del Senegal o un fratello italiano convertito all’islam non capisce l’arabo. Nelle nostre moschee lo facciamo da più di trenta anni».

Il sondaggio rileva che il 41% dei musulmani non vuole che le figlie studino e che si laureino. «Con tutto il rispetto, nutro dei dubbi anche sulla base dei dati del ministero dell’istruzione. Le uniche eccezioni sono due piccole comunità romane, una del Bangladesh e l’altra egiziana. Nei sermoni di venerdì scorso gli imam hanno mandato un messaggio sull’importanza non solo di mandare i figli a scuola, ma di aiutarli a essere studenti esemplari. Sia le femmine sia i maschi. La parola rivelata al Profeta Muhammad nel Corano, la sura che si chiama in arabo Iqra, recita così: leggi, conosci, parli e mediti. Chi non lo fa, va fuori dalla sua stessa linea religiosa».

 

IL SONDAGGIO IPR MARKETING

Puntata 1 / Domande e risposte

Puntata 2 / Domande e risposte

Puntata 3 / Domande e risposte

Puntata 4 / Domande e risposte