Meningite alla Gmg, l’infettivologo: "Contagio? Basta uno starnuto"

"Batterio subdolo, la profilassi resta indispensabile"

Susanna Rufi, la 19enne morta di ritorno dalla Gmg

Susanna Rufi, la 19enne morta di ritorno dalla Gmg

Roma, 3 agosto 2016 - Un allarme meningite dopo la morte della giovane romana al rientro dalla Gmg di Cracovia? Per Nicola Petrosillo (foto), infettivologo dello Spallanzani e direttore dell’Uoc Malattie infettive –II divisione dell’ospedale romano, non è affatto giustificato. Ma vaccinarsi resta l’unica arma utile per difendersi dall’infezione.

Dottor Petrosillo, dopo la morte per meningite della ragazza romana, può stare tranquillo chi ha partecipato alla Gmg?

«L’allarme per quanto riguarda chi ha transitato da Casa Italia (il quartier generale e logistico per i pellegrini italiani, ndr) non c’è. La meningite meningococcica si trasmette con un contatto diretto: uno starnuto, vivere nella stessa stanza, mangiare insieme. Infatti è stata attivata la profilassi prevista per chi ha avuto un contatto di questo genere mentre chi è passato per Casa Italia non deve fare niente. Finora non ci sono stati casi secondari ed è molto improbabile che ce ne siano».

Quali sono i sintomi che possono far pensare alla meningite?

«La meningite è subdula. Come infezione delle meningi si manifesta con febbre, cefalee, intolleranza alla luce, rigidità nucale, vomito. Ma non esiste solo questo. L’infezione può anche dare una sepsi in vari organi, colpire cuore, cervello, reni ed in questo caso è mortale. La sepsi ha un decorso diverso: può iniziare come una meningite e poi evolvere con febbre elevata e manifestazioni emorragiche sulla pelle. Non ho davanti la cartella clinica, ma credo che la ragazza romana abbia avuto sia una meningite, sia una sepsi».

Come possiamo difenderci?

«Con la vaccinazione. Esistono vaccini che sono molto efficaci, che si fanno a bambini piccoli sotto i due anni, a bambini più grandi e agli adulti. È un vaccino consigliato ai giovani e a chi fa vita comunitaria, a chi partecipa a un raduno. Un tempo questo tipo di patologia era diffusa tra i soldati delle caserme perché vivevano molto vicini. C’è una quota di persone, si stima l’1%, che è portatrice, spesso nel cavo orale, di questo batterio che se trasferito a un altro organismo può far sviluppare l’infezione».

I vaccini attualmente in commercio coprono tutti i ceppi dell’infezione?

«La maggior parte dei ceppi importanti è coperta, a cominciare dal C che è uno di quelli che causa una malattia invasiva con elevata mortalità. Si tratta, ripeto, di un vaccino tranquillo, innocuo, inattivo, che può dare un po’ di febbricola ma non c’è il batterio vivente».

Quale è l’incidenza della patologia?

«Si stima in media in 8 casi per milione di abitanti, ma, ad esempio, in Toscana nel periodo dell’epidemia si è arrivati a 19 casi per milione di abitanti e sono stati vaccinati circa 120mila giovani».

In Italia sempre più genitori sono tentati dal non vaccinare i propri figli per timore delle conseguenze. Qual è il suo consiglio?

«Credo che ci troviamo di fronte a una paura immotivata, non esiste alcuna evidenza scientifica che provi che i vaccini causino malattie neurologiche, non c’è alcuna evidenza che provi che causino un eccesso di mortalità. Possono avere alcune conseguenze ma, ad esempio, il rischio di farsi un morbillo e una parotite con tutte le complicanze, a cominciare dalla polmonite, è di gran lunga maggiore che farsi una forma virale dopo la vaccinazione. Insomma non c’è nessun motivo per non vaccinare i propri figli».