Giovedì 25 Aprile 2024

Maturità 2017, traccia di latino e traduzione

Un testo di Seneca per la seconda prova al liceo classico. Ecco il testo del Miur, la traduzione e il commento

Studenti alle prese con la Maturità 2017 (Ansa)

Studenti alle prese con la Maturità 2017 (Ansa)

Roma, 22 giugno 2017 - Nessuna sorpresa per gli studenti del liceo classico alle prese con la Maturità 2017: come volevano i pronostici sul web, nella traccia della seconda prova (qui tutte le materie) è uscito Seneca. Il brano dell'autore scelto dal Miur per la traduzione della versione di Latino si intitola "Il valore della filosofia", tratto dalle "Lettere a Lucilio". Uno scritto sul valore della filosofia in cui il filosofo, rivolgendosi all'allievo Lucilio, lo invita a non perdere mai la passione per l'impegno nella riflessione critica e consapevole, come scrive lo stesso Miur sul sito, dove sono state pubblicate tutte le tracce della seconda prova nei vari indirizzi.

Una scelta che ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai giovani maturandi. Ampiamente approvato dal popolo social, dove si sono riversati i commenti dei candidati all'Esame di stato e non solo, Seneca era nella rosa dei nomi tra i più papabili in questa seconda prova di Maturità classica. Secondo un sondaggio di Skuola.net, su 2500 maturandi, 1 su 4 (la maggioranza) si aspettava questo autore. Ma ecco la traccia, la traduzione e il commento della versione.

La traccia

 

La traduzione

La filosofia non è una tecnica per piacere alla gente e non è fatta per mettersi in mostra. Non si fa a parole ma con le azioni; e non serve neppure a passare le giornate nel divertimento né ad allontanare dal tempo libero il senso di malessere. La filosofia ci forma e ci forgia, regola la vita, guida le nostre azioni, insegna cosa si deve fare e cosa evitare, sta al timone e mantiene la rotta tra gli alti e bassi della vita. Senza filosofia nessuno può vivere libero dalla paura, nessuno può vivere sereno. Ogni istante accade un’infinità di cose che impongono una decisione: bisogna chiedere alla filosofia. Qualcuno dirà: “Quali vantaggi mi porta la filosofia, se esiste il destino? Quali vantaggi, se è dio a governare tutto? Quali, se è il caso a comandare? Perché quanto è già stabilito non si può cambiare, e non si possono fare previsioni sulle cose incerte. Ma allora, o dio ha anticipato le mie decisioni e ha stabilito cosa devo fare, oppure il destino non mi lascia spazio per decidere”. Quale che sia, Lucilio, l’ipotesi corretta o anche ammesso che lo siano tutte, bisogna fare filosofia, sia che il destino ci tenga legati con una legge inflessibile, sia che un dio sovrano dell’universo regoli tutte le cose, sia che il caso sospinga e scaraventi qua e là, senza un ordine, le vicende umane, la filosofia deve essere il nostro rifugio. Ci spronerà a obbedire felici a dio, fieri alla sorte. Ti insegnerà a seguire dio e a sopportare il caso.

Il commento

Di fronte all’imprevedibilità della vita (per ancipitia fluctuantium: anceps, alla lettera, ‘rivolto in due direzioni opposte’), non resta che tornare alle discipline umane, e affidarsi alla filosofia, che, personificata, assurge qui al ruolo di un timoniere esperto, l’unico capace di mantenere fissa la rotta (derigit cursum). Seneca istituisce quindi un’antitesi fra due movimenti di natura contrapposta: da un lato, quello violento e casuale del mondo esterno e, dall’altro lato, quello lineare e ‘diritto’ dell’individuo che si dedica alla filosofia. Il testo non presenta particolari difficoltà sul piano sintattico (da segnalare il perfetto logico con valore risultativo disposuit, che abbiamo quindi reso al presente). Il passo si basa su periodi relativamente brevi, con una netta prevalenza della paratassi sull’ipotassi, in totale coerenza con lo stile senecano. Tipica di Seneca è anche la presenza del parallelismo antitetico – uno su tutti, il primo, lapidario, non in verbis, sed in rebus est [sc. philosophia] – e delle figure di suono (nessi allitteranti sono format et fabricat, praeparari potest, inpellit et iactat; anaforici, ad esempio, il martellante quid prodest?, triplicato nel discorso diretto, assieme all’ipotetica).

Alla semplicità della sintassi fa da contraltare la densità dell’espressione: è proprio nel lessico, pregnante, e in buona parte tecnico (ad esempio secure, consilium, rector, arbiter, dispono), che si annidano probabilmente le maggiori difficoltà nella resa del testo proposto. C’è innanzitutto il gioco sulla metafora della ‘tempesta della vita’, anticipata da nausia, che qui dice non solo un generico ‘male di vivere’ ma allude forse anche al ‘mal di mare’, alla ‘nausea’ che prende chi non si lascia guidare dalla filosofia ed è quindi sballottato dai flutti della vita. È fluctuantium (sottinteso rerum) a costituire il trait d’union fra la metafora e il suo referente: il participio esprime il movimento ondivago della vita: da qui l’idea della filosofia come timoniere, unica possibilità di affrontare gli alti e bassi dell’esistenza. La metafora è logora, ma Seneca la innova potentemente, sostituendo il referente. Perché questa si riferisce tradizionalmente al dio provvidente, timoniere dell’universo: come a dire che l’essere umano, attraverso la filosofia, con le sue forze, quindi, può plasmare la propria vita, e far fronte ai suoi alti e bassi.

Traduzione e commento a cura di

Elisa Dal Chiele e Daniele Pellacani

Dipartimento di Filologia classica e Italianistica, Università di Bologna.