Martedì 23 Aprile 2024

Martina Patti, il gip: lucida e calcolatrice. "Non guardavo Elena, l'ho uccisa girata"

Nell'ordinanza di custodia cautelare le motivazioni della convalida del fermo: "Nessun segno di pentimento, tutto premeditato. E c'è pericolo di fuga". Tanti i non ricordo della 23enne

Elena Del Pozzo e, a destra, la madre in caserma (Ansa)

Elena Del Pozzo e, a destra, la madre in caserma (Ansa)

Catania, 21 giugno 2022 - Martina Patti è "lucida e calcolatrice". Così la 23enne di Mascalucia, rea confessa per l'omicidio della figlioletta Elena Del Pozzo, viene descritta nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Daniela Monaco Crea. Quindici pagine di verbale riportate in stralci oggi da alcuni quotidiani. 

Martina ha tentato di far credere di "avere agito senza una piena consapevolezza", in realtà "deve essere stata necessariamente nel pieno delle sue facoltà". Il suo gesto è stato "meditato" e non è stato seguito da "alcun pentimento". Non ci sono solo gravi indizi di colpevolezza che motivano la convalida del fermo in carcere. Secondo il giudice, sussistono il pericolo di fuga, quello di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove.

Sommario 

L'ordinanza di custodia

Il giudice per le indagini preliminari definisce Elena "vittima di una morte violenta particolarmente cruenta e anche lenta" e Martina una "donna lucida e calcolatrice" che "deve essere stata nel pieno delle sue facoltà  trovandosi in condizioni fisiche e psichiche idonee all'agire". Non solo, l'indagata, che ha inscenato il finto rapimento "con estrema lucidità e che, nel corso dell'interrogatorio di garanzia, non ha manifestato alcun segno positivo di ravvedimento e pentimento". 

Tutti elementi che denotano "una particolare spregiudicatezza, insensibilità alle regole del vivere civile, assoluta mancanza di resipiscenza ed intensa volizione criminosa". Per il gip "ciò induce a ritenere sussistente il pericolo di reiterazione criminosa di altri fatti violenti".  

Il pericolo di fuga 

Secondo il Gip di Catania il fermo è stato motivato anche dal pericolo di fuga della donna. "Essendo stata la Patti così lucida e calcolatrice ed avendo reso una versione dei fatti tanto articolata - scrive il Giudice per le indagini preliminari - effettivamente nel momento in cui è stato disposto il fermo sulla base degli indizi ricavati dalla sua confessione il giudice ritiene ricorresse la probabilità che potesse anche organizzare una fuga una volta ammessa la sua responsabilità, così da sottrarsi all'esecuzione di eventuali provvedimenti restrittivi emessi a suo carico, ragione per cui il fermo va convalidato". 

La premeditazione

Martina ha agito con premeditazione secondo il gip: "L'unica spiegazione logica e plausibile della dinamica degli eventi è quella che Elena sia stata vittima di un preordinato gesto criminoso, meditato e studiato dalla madre". La 23enne si è "procurata gli attrezzi per scavare la buca", ha "individuato un luogo impervio e isolato dove seppellire il cadavere". Uscendo di casa con Elena "ha portato con sé un coltello e ben cinque sacchi della spazzatura necessari per la completa esecuzione del delitto". Non solo, ha "occultato l'arma e posto in essere la condotta di lucido depistaggio attuata dopo essersi 'ricomposta' , condotta che non appare minimamente estemporanea ma che risulta meditata e studiata e conseguenza di una estrema lucidità". 

L'inquinamento delle prove

Quanto al pericolo di inquinamento delle prove, "tentativi di inquinare - ricostruisce il giudice - sono stati invero già compiuti sin dai momenti successivi l'omicidio, allorquando Martina Patti ha inscenato il falso rapimento, che ha caparbiamente sostenuto con i familiari e gli inquirenti ed essi potrebbero continuare se l'indagata fosse rimessa in libertà, tenuto conto che le indagini sono ancora in fase iniziale".

Nella decisione pesano anche quelli che il Gip definisce i "perduranti silenzi dell'indagata su aspetti altamente rilevanti dell'indagine" che rischiano di "turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca e inquinando le relative fonti". 

Le parole di Martina Patti

"Ho portato Elena in questo campo - ha detto la donna al gip durante l'interrogatorio di garanzia, secondo quanto verbalizzato - e le ho fatto del male, non ricordo altro e di avere una cosa lunga tipo un coltello, non ricordo dove l'ho preso, non so perché ce l'avevo". Sui dettagli dell'aggressione è altrettanto vaga: "Non ricordo bene, perché ero girata e non volevo guardare".

"Non guardavo Elena, ero girata"

Nell'ordinanza ci sono i diversi "non ricordo" pronunciati dalla donna, troppi secondo la procura: "Non ricordo cosa sia passato nella mia mente quando ho colpito mia figlia, anzi posso dire che non mi è passato nessun pensiero, come se in quel momento fossi una persona diversa", "non ricordo la reazione della bambina mentre la colpivo, forse era ferma, ma ho un ricordo molto annebbiato", "non ricordo di aver sotterrato la bambina, ma sicuramente sono stata io".

La procura ha ricostruito che Elena, quando è stata assassinata, aveva una busta nera in testa. Sul sacco sono stati trovati infatti dei tagli compatibili con colpi di coltello. 

La confessione e le rassicurazioni del padre

Le 15 pagine di ordinanza ricostruiscono i momenti prima della confessione. Martina Patti ha ammesso di avere uccisa la figlia Elena, di 5 anni, solo dopo che suo padre "la rassicurava che il suo sentimento per lei non sarebbe mutato qualunque azione avesse commesso". Poi la donna ha "rotto il silenzio e iniziato a confidarsi, affermando 'la bambina non c'è più' e mostrandosi disponibile a portarlo sul luogo dove aveva seppellito il cadavere". Elena è stata ritrovata in una buca, indossava solo una maglietta. Sul posto sono stati anche trovati un pantaloncino di colore giallo e i cinque sacchi per la spazzatura. A pochi metri due spuntoni in metallo, una zappa e una pala.