Mercoledì 24 Aprile 2024

"La battaglia di Irene", il video-appello per una legge pro eutanasia

La 30enne morta ad agosto tra grandi sofferenze è il nuovo volto dell'Associazione Coscioni. "Il biotestamento non basta"

Un fermo-immagine del video "La battaglia di Irene"

Un fermo-immagine del video "La battaglia di Irene"

Roma, 18 dicembre 2017 - Irene, morta a 30 anni il 24 agosto scorso per un adenocarcinoma polmonare diagnosticato due anni prima al quarto stadio, è il nuovo volto dell'Associazione Coscioni e della battaglia per legalizzare l'eutanasia, insieme al marito Andrea Curiazi. E' lui la voce dell'accorato e doloroso video-appello rivolto alle istituzioni per "vivere liberi fino alla fine". Il video, intitolato "La battaglia di Irene" si rivolge agli "illustri rappresentanti del popolo italiano", ed è stato diffuso a pochi giorni dall'approvazione della legge sul biotestamento, dalle pagine social dell'Associazione Luca Coscioni, EutanaSia Legale e di Marco Cappato. 

Il video è un susseguirsi di immagini di Irene, morta tra grandi sofferenze, due giorni dopo aver concluso le procedure per ottenere l'aiuto medico alla morte volontaria in Svizzera ma senza riuscire a raggiungerla. Una malattia che non ha impedito nell'ultimo biennio a lei e al marito di essere felici, viaggiare, adottare un cane, sposarsi. 

 

Irene aveva già contattato la clinica Dignitas nel gennaio 2016, per poi fare richiesta di assistenza al suicidio nell'agosto 2017 e contattare Marco Cappato al ritorno da un viaggio in camper in Nord Europa. Ma non ha fatto in tempo: è morta subito dopo aver presentato tutta la documentazione necessaria ed effettuato il pagamento dell'ultima tranche per avviare la richiesta di "luce verde provvisoria". Un iter che ha richiesto molto tempo. Troppo. Irene, sottolinea l'associazione Coscioni, "avrebbe voluto essere padrona del suo destino ma, soprattutto, avrebbe voluto che il suo caso potesse aiutare chi oggi, nel nostro Paese, lotta per fare in modo che venga discussa ed approvata in Parlamento una legge sul fine vita che possa garantire a tutti di decidere autonomamente e di morire degnamente".

Ed ecco l'appello ai politici: "Il Biotestamento non basta. Ecco quali pene patisce chi non riesce ad andare in Svizzera". Conquistato il Testamento biologico, "l'obiettivo - affermano i promotori dell'iniziativa - ora è il raggiungimento di una legge sul fine vita che consenta la libertà di scelta anche a chi, come Irene, come Fabo, come Dominique Velati, come Davide Trentini, desidera interrompere una condizione di irreversibile sofferenza. Sarà possibile solo con la legalizzazione dell'eutanasia". 

"Irene, che aveva chiesto aiuto anche a Marco Cappato, non ha fatto in tempo a morire come avrebbe voluto con l'aiuto medico in una clinica svizzera. Così come capita anche a chi non può permettersi i costi economici, o non è più nelle condizioni di affrontare il viaggio, o non può contare sull'aiuto di qualcuno che si assume la responsabilità penale di assisterlo. Ci batteremo - conclude l'associazione - perché questo non avvenga più: in Parlamento c'è già una proposta di legge di iniziativa popolare per l'eutanasia legale, depositata 4 anni e mezzo fa e mai discussa nemmeno per un minuto".