Martedì 23 Aprile 2024

L’inglese? Missione impossibile. Gli italiani e la lingua sconosciuta

Milano, il sindaco sprona i dipendenti comunali: dovete impararla

Gli italiani e l'inglese

Gli italiani e l'inglese

Roma, 2 ottobre 2016 - "Ci vediamo domattina per studiare bene la location, serve qualcosa in sintonia con il brand per centrare la nostra mission. Poi la sera happy hour allargato, così ne approfittiamo per un briefing". Classico dialogo fra manager rampanti, quasi sempre di cadenza milanese. Tutta scena? ‘May be’, può darsi. Almeno stando alle statistiche degli istituti specializzati: per conoscenza e pratica della lingua inglese l’Italia è 22esima nella classifica europea e al 28esimo posto in quella mondiale.

E il sospetto aumenta ascoltando le parole di Giuseppe Sala, sindaco meneghino che ieri ha lanciato un messaggio a margine della festa per i 110 anni della Cgil: "Se vogliamo una città aperta, che voglia confrontarsi con il turismo, dobbiamo trovare una formula per cui la componente dell’amministrazione comunale che si confronta con il visitatore , un po’ d’inglese lo deve parlare".

Insomma il problema esiste e non riguarda solo i milanesi, né tantomeno si limita ai dipendenti comunali. Esistono uomini e donne lanciatissimi in carriera, appunto, che se la cavano con le poche espressioni di circostanza legate alla loro professione ma al primo colloquio serio hanno bisogno dell’interprete. Un esercito di tassisti sparsi per il Belpaese che dopo aver tentato improbabili mescolanze fra dialetto e inglese americanizzato, riesce a farsi capire solo con i gesti: specialità in cui risultano imbattibili romani e napoletani.

Centinaia di insegnanti e di bambini, soprattutto alla materna e alle elementari, che faticano a comunicare fra loro e con i genitori visto che la cosiddetta buona scuola non prevede un mediatore culturale o comunque un aiuto linguistico neppure nelle classi dove gli stranieri superano il numero degli alunni italiani.

E pare che il peccato originale nasca proprio lì, nella scuola. Come confermano gli ultimi dati Eurostat a disposizione: il 98,4% degli italiani, praticamente tutti, studia la seconda lingua (inglese a grande maggioranza, poi francese) fino alle medie inferiori, e spesso anche la terza (spagnolo) ma solo il 16% parla correntemente due lingue (media europea 21%) e il 40% si ferma alla lingua madre. Colpa dei licei, dove l’idioma studiato fin lì si perde e il patrimonio acquisito si disperde, con evidente spreco di investimenti anche per lo Stato. Chi non sceglie di specializzarsi all’Università, dunque, deve arrangiarsi con corsi privati che costano molto: mentre in Inghilterra è scoppiato il boom di corsi estivi in latino e greco, al prezzo di circa 800 euro, da noi un buon corso d’inglese in istituto privato va dai 1500 di base ai 4-5mila euro per full immersion a livello business. E anche se hai quelle cifre da spendere, rischi di spenderle a fondo perduto se poi non trovi il modo di mettere in pratica ore e ore di insegnamento grammaticale.

Un metodo antiquato e improduttivo, dicono gli esperti, che oltretutto annoia gli studenti soprattutto se giovanissimi. I bambini svedesi e danesi, per esempio, vedono i cartoni animati senza doppiaggio nella lingua madre. E lo stesso vale per i film, per i giochi digitali, per i canali tematici via satellite. Infatti in testa alla classifica di chi parla inglese ci sono proprio loro, i Paesi del Nord Europa. Oh yes.