In vendita la dimora dei grandi. La crisi fa più danni delle guerre

Palazzo Prinetti in Brianza: dagli imperatori al degrado di oggi di Daniele De Salvo Invia le tue segnalazioni a: [email protected]

Sotto inchiesta Qn

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MERATE (Lecco), 3 LUGLIO 2014 - È SOPRAVVISSUTO al trascorrere dei secoli, è scampato alle grandi guerre d’Italia del 1500, ha resistito ai tempi bui della peste nera, ha superato indenne i due conflitti mondiali, sino a diventare simbolo di Merate e di tutta la Brianza. Eppure adesso potrebbe soccombere all’incuria e alla crisi economica.Palazzo Prinetti, con la sua inconfondibile torre cilindrica che svetta sull’intero circondario, ormai è vuoto e inutilizzato. Lo stato di abbandono in cui versa lo sta lentamente ma inesorabilmente sgretolando. Per restaurarlo occorrerebbero soldi, tanti soldi, almeno una mezza dozzina di milioni di euro, che però nessuno ha. Certamente non i fedeli della parrocchia di Sant’Ambogio, proprietari dal 1946 dell’antico maniero costruito prima del mille, poi raso al suolo nel 1275 dai cittadini dell’epoca per impedire che l’emblema della loro indipendenza finisse nelle mani dei Ghibellini e ricostruito successivamente sulle vecchie rovine.
 
 
SOLO di tasse e imposte per mantenerlo sono necessari quasi 30mila euro all’anno, più i costi di gestione a fondo perduto. Per questo, dalla Curia di Milano, hanno imposto al prevosto don Luigi Peraboni di disfarsene e venderlo al miglior offerente. Qualche interessamento a rilevarlo lo avrebbero manifestato i soci di un fondo di investimento americano e anche il proprietario di una catena di alberghi. Non si sarebbe mai parlato di cifre né di offerte concrete, ma il castello con quanto esso ancora custodisce di prezioso potrebbe diventare un residence di lusso o un hotel a cinque stelle. Da qui sono passati l’arcivescovo milanese Ariberto d’Intimiano, inventore del Carroccio, l’imperatore Corrado II il Salico, il poeta Domenico Balestrieri, il riformatore del melodramma Pietro Metastasio, il librettista Giovanni Battista Casti, il re Umberto I, Giuseppe Parini. È stato la sede abbaziale degli Abati di San Dionigi, casa dell’onorevole marchese Giulio Prinetti, ministro degli esteri e dei lavori pubblici del Regno e del Principe don Francesco Boncompagni Ludovisi, senatore e presidente del Banco di Roma.
 
 
AL SUO INTERNO ospita un grande salone d’onore, dipinto e affrescato, percorso nella parte superiore da una balconata, ma anche una cappella medioevale dedicata ai santi Dionigi e Biagio di caratteristica forma ovoidale con una cupola ottagonale. La peculiarità principale del palazzo è però il suo pinnacolo, una sorta di faro dalla cui sommità si riesce a spaziare con lo sguardo dalla pianura padana fino alle vette dell’arco alpino. Delle antiche feste, dell’assembramento dei soldati, delle orazioni dei monaci, delle disquisizioni di artisti e politici non si odono tuttavia che lontani echi. Il castello, ancora una volta, rischia di essere scippato ai meratesi, forse per sempre.
 
di Daniele De Salvo