Venerdì 19 Aprile 2024

Woodcock, inchieste show e innocenti in cella. Il magistrato che ama la ribalta

Da Potenza a Napoli, diluvio di critiche per l’anglo-partenopeo Henry

Henry John Woodcock (Ansa)

Henry John Woodcock (Ansa)

Napoli, 28 giugno 2017 - CHI ne apprezza l’inclinazione alla ribalta sostiene che la passione per la scena potrebbe averla ereditata dal bisnonno napoletano, il notissimo – almeno all’ombra del Vesuvio – Gennaro Pasquariello, protagonista dei caffè chantant dove faceva impazzire le fan cantando O surdato ‘nnammorato. Chi, invece, loda la sua fama inquirente lo descrive come un Antonio Di Pietro in salsa napoletana, ma con più charme e capelli (almeno fino a qualche tempo fa).  Chi, infine, ne valuta i risultati giurisprudenziali mette in fila le sue inchieste defunte prima di approdare in aula, trasferite ad altre procure e poi archiviate, e degli innocenti finiti dentro e rilasciati con scuse e risarcimenti. Qualche anno fa, il giornalista Giancarlo Perna fece il conto che, nel periodo in cui era stato pm a Potenza, Henry John Woodcock, avesse messo dentro «210 persone senza fondamento, una media di 15 all’anno».   CINQUANTA anni compiuti a marzo, il sostituto procuratore nato a Tauton nel Somerset da padre inglese (papà George era docente all’Accademia militare di Livorno) e dalla madre Gloria Pasquariello, ha poco tempo per abituarsi alle brume del capoluogo della contea. Ha solo un anno quando torna a Napoli dove studia, prima al prestigioso liceo Umberto poi Giurisprudenza alla Federico II. Tirocinio da pubblico ministero con l’allora pm Arcibaldo Miller, oggi capo degli ispettori del ministero della Giustizia, e nel 1999 arriva in prima nomina alla procura di Potenza. Qui Henry John inanella fascicoli tutti con lo stesso marchio: le chiamano inchieste a salsiccia. Si accrocchiano una all’altra, sviluppano altri rami d’inchiesta fino a finire tutti in vetrina. Le indagini targate Woodcock sono fuochi d’artificio, mettono a soqquadro gli ambienti politici e il circo dello spettacolo: di colpo la sonnacchiosa procura lucana diventa, dopo l’arrivo del pm anglo-napoletano, l’ombelico d’Italia. Iene 1 e 2, Enigate, Vipgate, Somaliagate, Vallettopoli 1 e 2. E soprattutto il Savoiagate, con Vittorio Emanuele sbattuto in cella e alla fine assolto e risarcito con 40mila euro. 

A Potenza arriva di tutto, qualcuno ironizza: «Quel palazzo di giustizia è diventato come l’Isola dei famosi». Lui se ne sta tranquillo e beato, in sella alla sua moto su cui si fa fotografare finendo sui rotocalchi che fanno a cazzotti per avere una sua immagine mentre arriva in procura inforcando la Yamaha 600, pioggia o neve non importa, porta a spasso il suo pastore tedesco, va a fare la spesa (dicono che nel suo frigo non manchi mai una bistecca alta una spanna e un formaggino) o se ne sta al mare con l’amica Federica Sciarelli. Qualche criticone si chiede come sia possibile che in una regione dove ci sono 4-5 omicidi all’anno, un’unica linea ferroviaria a binario unico, nessuna autostrada e l’aeroporto più vicino a cento chilometri, la procura sia al top per rilevanza mediatica. Mattia Feltri su La Stampa scrive: «Si potrebbe dire che Woodcock ha fra le mani la stessa indagine da sempre. Ne comincia una e da questa ne scaturisce un’altra e così via».   L’11 SETTEMBRE 2009 sbarca nella ribollente Napoli. Meno di due anni dopo, eccolo di nuovo a far tremare il Palazzo con l’inchiesta P4 (ma per Cassazione e Riesame è inesistente), poi con quella sulla Guardia di Finanza che inguaia il generale Vito Bardi, numero due delle Fiamme Gialle (ad aprile di quest’anno posizione archiviata per insussistenza di ogni ipotesi di illecito). Infine il caso Consip con l’intreccio politico-affaristico, arricchito da spioni e ufficiali gaglioffi.