Giovedì 25 Aprile 2024

Regeni, Nyt: "Obama avvertì governo italiano su ruolo Egitto"

Il quotidiano Usa: "Prove incontrovertibili sulla responsabilità funzionari egiziani". Palazzo Chigi smentisce: da Usa mai "prove esplosive"

I genitori di Giulio Regeni (Ansa)

I genitori di Giulio Regeni (Ansa)

Roma, 15 agosto 2017 - Il giorno dopo l'annuncio della Farnesina che rimanda l'ambasciatore italiano al Cairo, dal New York Times arriva una nuova rivelazione sul caso di Giulio Regeni. Secondo quanto riporta un articolo del giornale americano, gli Stati Uniti dell'amministrazione Obama acquisirono prove che Giulio Regeni era stato rapito, torturato e ucciso dai servizi di sicurezza egiziani e avvertirono il governo Renzi. "Abbiamo trovato prove incontrovertibili sulla responsabilità di funzionari egiziani", ha detto una fonte dell'amministrazione Obama al New York Times, secondo cui gli Stati Uniti "passarono la raccomandazione al governo Renzi". In serata arriva la smentita di Palazzo Chigi all'inchiesta del quotidiano. Fonti sottolineano come nei contatti tra amministrazione Usa e governo italiano avvenuti nei mesi successivi all'omicidio di Regeni non furono mai trasmessi elementi di fatto, come ricorda tra l'altro lo stesso giornalista del New York Times, né tantomeno "prove esplosive". Si sottolinea, altresì, proseguono le stesse fonti, che la collaborazione con la Procura di Roma in tutto questi mesi è stata piena e completa.

"Nelle settimane successive alla morte di Regeni", scrive il quotidiano in un reportage dal Cairo intitolato "Gli strani garbugli nel caso della scomparsa al Cairo di Giulio Regeni", "gli Stati Uniti vennero in possesso dall'Egitto di prove di intelligence esplosive, prove che dimostravano come Regeni fosse stato rapito, torturato e ucciso da elementi della sicurezza egiziana". Fonti dell'allora Amministrazione Obama citate dal giornale affermano che "si era in possesso di prove incontrovertibili delle responsabilità egiziane". A questo punto il materiale venne girato "al governo Renzi su raccomandazione del Dipartimento di Stato e della Casa Bianca". Ma "per evitare di svelare l'identità della fonte non furono passate le prove così come erano, né fu detto quale degli apparati di sicurezza egiziani si riteneva fosse dietro l'omicidio".

"Non era chiaro chi avesse dato l'ordine di rapire e, presumibilmente, di ucciderlo", ha detto un'altra fonte sempre al quotidiano. Ma quello che gli americani sapevano per certo - e che hanno condiviso con gli italiani - era che la leadership egiziana era totalmente consapevole delle circostanze della morte di Regeni, si legge ancora sul Nyt. "Non avevamo dubbi che questa faccenda era conosciuta ai massimi livelli", ha spiegato una terza fonte dell'amministrazione Obama: "Non so se avessero la responsabilità ma sapevano".

Questo portò, si legge sempre sul quotidiano, alcune settimane dopo "l'allora segretario di Stato, John Kerry, ad un aspro confronto con il ministro degli esteri egiziano Sameh Shoukry, nel corso di un incontro che si tenne a Washington". Si trattò di una conversazione "quantomai burrascosa" anche se da parte della delegazione americana non si riuscì a capire se il ministro stesse erigendo un muro di gomma o semplicemente non conoscesse la verita'". Un approccio brutale, quello di Kerry, "che provocò più di un'alzata di sopracciglio" all'interno della Amministrazione, dal momento che Kerry "aveva la fama di trattare l'Egitto con i guanti bianchi". Nel frattempo i sette magistrati italiani inviati al Cairo "venivano depistati ad ogni piè sospinto" e lo steso ambasciatore italiano Massari "presto smise di usare le email e il telefono per le comunicazioni delicate, ricorrendo ad una vecchia macchina che scriveva su carta sulla base di un codice criptato". Anche perché "si temeva che gli egiziani impiegati presso la sede diplomatica italiana passassero informazioni alle agenzie di sicurezza egiziane".

Intanto la mamma del ricercatore ucciso e torturato in Egitto nel 2016 in circostanze ancora tutte da chiarire ha pubblicato sul suo profilo Facebook le foto della bandiera italiana listata a lutto esposta dal giorno della morte del giovane sul Municipio di Fiumicello (Udine), dove vive la famiglia Regeni. "Sempre più lutto!", ha scritto Paola Deffendi, che a messo la stessa foto come immagine del profilo. Nel post, in un'altra foto, insieme alla stessa bandiera, si vede un pezzo del manifesto di colore giallo "Verità per Giulio Regeni". Ieri la famiglia era insorta dopo l'annuncio della Farnesina. "La decisione di rimandare ora - hanno attaccato -, nell'obnubilamento di ferragosto, l'ambasciatore in Egitto ha il sapore di una resa confezionata ad arte".