Mercoledì 24 Aprile 2024

"Quel bimbo avrà due mamme". La Cassazione dà il via libera

Torino, sì alla trascrizione dell’atto di nascita da una coppia di donne

Una manifestazione per i diritti delle famiglie arcobaleno a Napoli (Newpress)

Una manifestazione per i diritti delle famiglie arcobaleno a Napoli (Newpress)

Torino, 1 ottobre 2016 - E ADESSO un bambino potrà avere due madri anche in Italia. Per volere della Cassazione. La prima sezione civile della Suprema corte ha dato il via libera al riconoscimento dell’atto di nascita di un bimbo nato in Spagna da due donne sposate e poi divorziate. Con questo verdetto la Cassazione ha confermato – respingendo i ricorsi della Procura generale e del ministero dell’Interno – il decreto con il quale la Corte di appello di Torino, dicembre 2014, ha ordinato all’anagrafe di Torino di trascrivere l’atto di nascita di un bimbo, nato in Spagna nel 2011 da una mamma spagnola che lo ha partorito e da una mamma italiana che le ha donato gli ovuli. Le due donne si erano sposate il 20 giugno del 2009 in Spagna, dove avevano avuto un figlio con la fecondazione eterologa, ricorrendo agli spermatozoi di un donatore terzo. Il bambino era nato il 21 febbraio del 2011 a Barcellona al termine di una gravidanza portata a termine dalla «madre A» con gli ovuli donati dalla sua partner, la «madre B». Le due donne avevano poi deciso di separarsi e il figlio era stato affidato congiuntamente a entrambe. Dopo il divorzio, hanno chiesto la trascrizione dell’atto di nascita presso l’anagrafe italiana, ma il Tribunale di Torino l’aveva negata «perché contrastante con il principio di ordine pubblico in base al quale madre è soltanto colei che ha partorito il bambino».

«LA REGOLA secondo cui è madre colei che ha partorito, a norma del III comma dell’articolo 269 codice civile – ha invece deciso la Cassazione – non costituisce un principio fondamentale di rango costituzionale, sicché è riconoscibile in Italia l’atto di nascita straniero dal quale risulti che un bambino, nato da un progetto genitoriale di coppia, è figlio di due madri (una che lo ha partorito e l’altra che ha donato l’ovulo), non essendo opponibile un principio di ordine pubblico desumibile dalla suddetta regola».  Perché, spiega la sentenza, «la valutazione va fatta non in relazione a una o più norme dell’ordinamento italiano, ma occorre invece stabilire se l’atto straniero contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, desumibili dalla Carta costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo».   I SUPREMI giudici riconoscono che la legge italiana non consente un atto di nascita del genere, ma rilevano che qui è in gioco solo «l’ingresso in Italia di un particolare e specifico atto giuridico riguardante il rapporto di filiazione tra determinati soggetti». Si tratta, perciò, «della tutela dell’interesse superiore del minore, anche sotto il profilo della sua identità personale e sociale e in generale del diritto delle persone di autodeterminarsi e di formare una famiglia». Quindi, l’atto di nascita spagnolo va trascritto in Italia. 

ALTROVE si è andati anche oltre. In Canada, nella British Columbia, nel 2014 si è iscritta all’anagrafe una bambina alla quale legalmente si riconobbero genitori: due madri (una coppia lesbica) e un padre, donatore di sperma.  Opposte le reazioni alla sentenza. I cattolici sono contrarissimi. Paola Binetti, parlamentare di Alleanza Popolare, definisce il verdetto «del tutto paradossale e autoreferenziale» e osserva che «ancora una volta la Cassazione entra nel vivo di una dialettica sempre più stringente tra Parlamento e magistratura. Così la Cassazione aggira uno dei vincoli più forti delle moderne democrazia, la divisione dei poteri».  Arcigay Torino invece accoglie «con immensa gioia» la notizia e auspica che «il vuoto giuridico venga colmato al più presto». Soddisfatto anche il senatore pd Sergio Lo Giudice: «La Cassazione si fa carico di garantire diritti fondamentali riconosciuti dal nostro ordinamento ma sui quali il Parlamento fa finta di niente».