Dipendenza smartphone, adulti più vulnerabili dei ragazzini

Schiavi del touch screen, non hanno anticorpi per i nuovi media

Perché restiamo sui social

Perché restiamo sui social

Roma, 21 novembre 2016 - ORMAI solamente sotto la doccia non si usa lo smartphone. E quando si esce da casa senza «ci sentiamo nudi, perché abbiamo perso la nostra protesi insostituibile», spiega Paolo Ferri, docente di Tecnologie didattiche e Teoria e tecnica dei nuovi media alla Bicocca di Milano. Le vittime di questa rivoluzione? Non sono i millennials, nemmeno i cyberbulli: sono gli adulti, mamme e papà. La dipendenza da smartphone sta colpendo persone sempre più avanti con l’età: i dati Audiweb parlano di un utilizzo medio dei dispositivi in Rete per due ore al giorno, che diventano 46 al mese: un’ora e 54 minuti nella fascia tra i 35 e i 54 anni, un’ora e 31 minuti tra 55-74. Nel vocabolario Zingarelli l’anno scorso è entrato di prepotenza il termine nomofobia (no-mobile) per descrivere la paura incontrollata di rimanere sconnessi dalla Rete del telefonino. «Ai giovani succede molto meno perché sono nativi digitali, conoscono il linguaggio dei social e cadono più raramente nelle trappole del web. Non si perdono nella realtà virtuale se hanno cose migliori da fare», prosegue Ferri.

LO PSICHIATRA / "Vanno curati come gli alcolisti"   SECONDO Wearesocial, il 95% degli adulti italiani usa abitualmente un telefono cellulare e di questi il 62% ha comprato uno smartphone, mentre quasi sette su dieci hanno in casa un pc o laptop. È salita del 5% la percentuale di persone che accedono a Internet da mobile: il 79% di chi accede al web lo fa ogni giorno. «Gli adulti hanno vissuto il digitale in modo non naturale, amano la novità ma ne fanno un uso bizzarro – racconta Ferri –. Gli adolescenti hanno più anticorpi contro l’abuso dei social, sono educati all’argomento più dei grandi, spesso gente inconsapevole che si trova in mano uno strumento enorme. Il fenomeno degli haters (coloro che versano odio nei forum e fanno solo commenti critici sul web, ndr) spesso è costituito da adulti dipendenti dalla Rete: persone che non hanno una vita personale, ma per fortuna sono una minoranza».

Genitori che conducono il passeggino per strada con la schiena curva sullo schermo dello smartphone mettono a rischio la vita del proprio figlio. Mariti che dopo essere stati lasciati dalla moglie spiano ogni giorno la pagina Instagram della ormai ex consorte, perdendo il contatto con la realtà e invadendo la privacy altrui. Scapoli che per avere la conferma di esistere devono rendere pubblico ogni dettaglio della propria vita privata: narcisi del like dall’autostima perduta. L’esercito dei tossici del web è in costante crescita (250 milioni nel mondo nel 2015 secondo Flurry). «Il touch screen ha dato il via alla dipendenza da smartphone – conclude il docente milanese – e la Rete abbassa le inibizioni grazie alla barriera dello schermo. Le pulsioni esplodono e spesso si vedono professionisti con nickname bislacchi che mescolano senza accorgersene vita privata e pubblica. Serviranno almeno 30 anni per vedere adulti educati al digitale».   I DATI Istat raccontano di una crescita importante degli adulti che usano Internet ogni giorno, soprattutto nelle fasce tra i 35 e i 64 anni: l’aumento per ogni segmento d’età (35-44, 45-54, 55-59, 60-64) è stato del 20% dal 2010 al 2015. Un dato esponenziale rispetto ai giovani, dove si sono registrate crescite del 7%. Per quanto riguarda la condizione professionale, spiccano nell’affezione alla Rete operai, apprendisti (+21%), casalinghe (+22%) e lavoratori in proprio (+15%).