Mercoledì 24 Aprile 2024

Docenti a chiamata diretta, è flop. I presidi: "Tempi troppo stretti"

La maggioranza dei dirigenti si rifiuta di assegnare le cattedre

Docenti a chiamata diretta, è flop

Docenti a chiamata diretta, è flop

Roma, 23 agosto 2017 - I dirigenti scolastici boicottano la chiamata diretta dei docenti, uno dei punti cardine della ‘Buona scuola’ targata Renzi-Giannini. Quest’anno, in vista dell’avvio della scuola, da Milano a Palermo, da Bologna a Napoli, la maggior parte dei presidi ha incrociato le braccia, rifiutandosi di interrompere le ferie per una selezione degli insegnanti che ritiene inefficiente e poco meritocratica. Senza contare i tempi troppo ristretti che hanno costretto i dirigenti scolastici a riunioni fino alle 4 di notte per stilare i bandi e colloqui ai professori via skype. I pochi presidi che hanno provato a utilizzare la chiamata diretta si sono trovati impegnati in una corsa contro il tempo. E spesso hanno dovuto rifare tutto da capo quando i docenti rifiutavano le offerte.

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A RIASSUMERE le motivazioni che hanno spinto gran parte dei presidi a lasciare l’assegnazione delle cattedre all’Ufficio scolastico, è Lena Gissi, segretario nazionale della Cisl Scuola. «Innanzitutto – spiega –, con questo metodo, a scegliere gli insegnanti non sono i presidi. Il dirigente scolastico, insieme al Collegio docenti, fa un bando inserendo i requisiti richiesti. Dopo, i professori mandano il curriculum per quella cattedra ma anche per tante altre. Sono loro a decidere perciò, alla fine, se insegneranno in quella scuola». I docenti devono candidarsi entro 24 ore, ma possono cambiare idea nei giorni successivi. Così, le scuole più deboli e meno appetibili si ritrovano costantemente senza insegnanti o con una sfilza di rinunce.

«A questo punto – commenta Gissi – per gli insegnanti che rientrano dalle ferie apposta diventa un’inutilità burocratica, perché magari la loro scuola è troppo in periferia e non ricevono candidature. I presidi sono le vere vittime di questa situazione». Quest’anno, la chiamata diretta è rivolta solo ai professori appena immessi in ruolo: 25mila su 800mila. «Un numero esiguo che sfiora una percentuale tra il 15 e il 18%», precisa Gissi.

I presidi hanno avuto un intervallo limitato di tempo per portare a termine le selezioni: dal 7 al 12 agosto e dal 17 al 21. «In un periodo così breve – spiega Gissi – non c’è stata la possibilità di operare con serenità». C’è poi un altro aspetto. I presidi vengono considerati responsabili per la scelta dei docenti, un impegno – continua Gissi – che li «porta ad essere vulnerabili». Basti pensare all’aumento delle richieste di conciliazione per i movimenti degli insegnanti non andati a buon fine.

I DIRIGENTI scolastici, in realtà, non sarebbero contrari alla chiamata diretta, come spiega Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi che riunisce più della metà di quelli in servizio, circa 7.400. «Siamo assolutamente favorevoli – spiega –. Quando si è discusso della ‘Buona scuola’, difatti, abbiamo espresso un parere positivo alla chiamata diretta. Anche perché assicura la scelta del docente in base ai requisiti più adatti per ogni scuola e alla meritocrazia, non solo in base alle esigenze personali degli insegnanti». Da cambiare però, per l’associazione, sono i tempi. «Le chiamate dirette vanno fatte nei tempi adeguati, non in fretta e furia. Devono partire in primavera e non in agosto, facendo addirittura tornare gli insegnanti dalle ferie». «In più – aggiunge Rembado – vogliamo la possibilità di selezionare i docenti con un colloquio, come accade in tutti i lavori e non con un semplice curriculum». «Per tutti questi motivi – conclude –, la maggioranza dei dirigenti scolastici ha accolto il nostro invito a non fare le chiamate dirette, per protesta. Anche sulla scorta di ciò che è accaduto l’anno scorso, quando i docenti ritornarono dalle ferie per selezionare gli insegnanti e, in seguito, tanti di loro furono chiamati per le assegnazioni provvisorie, lasciando la cattedra accettata».