Catania, "Niente cesareo, il turno è finito". Grave neonato, sospese 3 dottoresse

Dure accuse del pm: “Alterata anche la cartella clinica”

L’ospedale Santo Bambino di Catania

L’ospedale Santo Bambino di Catania

Catania, 6 dicembre 2016 - Niente cesareo per non sforare l’orario di lavoro. Niente intervento per non restare incastrate in sala parto. Due dottoresse avrebbero addirittura preso a mano il tracciato del feto, e in qualche modo ne sarebbe uscito un dato alterato. Una terza avrebbe adottato manovre sconsigliate sulla partoriente secondo i protocolli. In tal modo, e con varie responsabilità presunte, tre medici dell’ospedale Santo Bambino di Catania avrebbero concorso a provocare lesioni gravissime a un neonato. Per questo motivo, su richiesta della procura distrettuale etnea, è stata data esecuzione a un’ordinanza di sospensione dal servizio per Amalia Daniela Palano, costretta a uno stop per 12 mesi, Gina Currao, 6 mesi e Paola Cairone, 4 mesi.

Tutto inizia il 2 luglio di un anno fa quando una ventiseienne catanese, Deborah P., dà alla luce un bambino, Benedetto. Il neonato, però, ha il cordone che gli soffoca il collo e riporta, a causa di questa sofferenza, lesioni gravissime: «encefalopatia ipossico-ischemica, tetraparesi spastica, grave ritardo neuro psicomotorio con gravissime implicazioni anatomo funzionarie».

In corsia, quel giorno, c’erano Amalia Daniela Palano e Gina Curaro che avevano in cura la giovane partoriente. Secondo la procura, «per evitare di rimanere oltre il proprio orario di lavoro, non soltanto omettevano di procedere a un immediato intervento cesareo, nonostante i molteplici episodi di sofferenza fetale che il tracciato evidenziava con ben cinque episodi di bradicardia in poco più di un’ora, ma, addirittura, somministravano alla paziente l’atropina». Farmaco quest’ultimo che produce aritmie cardiache e che, invece di aiutare donna e feto, può contribuire a danneggiarlo. Per questo motivo quel medicinale «è sconsigliato in presenza di una sofferenza fetale e sarebbe stato usato solo per simulare una regolarità del monitoraggio cardiotocografico, del tutto inesistente». Le due dottoresse indagate hanno, inoltre, omesso sia di segnalare i fatti nella cartella clinica, sia di informare i colleghi del turno successivo che si sono accorti della gravità di Deborah e di Benedetto in gran ritardo.

A rendere irreparabile la situazione, secondo la procura, sarebbe stato anche «il comportamento della dottoressa Cairone che, pur non a conoscenza dell’atteggiamento delle colleghe e del dato irregolare trasmesso», avrebbe posto in essere «una serie di condotte negligenti e imprudenti, da un lato praticando alla paziente per ben due volte le manovre di Kristeller, (pratica bandita dalle linee guida), nonostante un tracciato non rassicurante», dall’altro non contattando in tempo il neonatologo il quale arrivato quando già il feto era stato espulso dalla madre, ha effettuato la rianimazione con gravissimo ritardo. Cairone, poi, al fine di nascondere le proprie responsabilità avrebbe compiuto «una serie di falsi in cartella clinica».

La procura di Catania rileva come al Santo Bambino «le cartelle cliniche sovente vengono redatte successivamente all’insorgere dell’avvenimento clinicamente rilevante». Ciò per «una prassi instaurata dai sanitari, e talvolta anche imposta alle ostetriche, e finalizzata ad occultare le prove di eventuali responsabilità mediche».

«Abbiamo sospeso immediatamente i tre medici, e stiamo cercando di sostituirli per continuare a dare un servizio pubblico in una struttura, come l’ospedale Santo Bambino, alla quale si rivolge ogni anno un imponente numero di donne e gestanti», dice il manager dell’azienda, Paolo Cantaro, annunciando l’avvio di una indagine interna.

Sull’accusa di prassi dirette a occultare le responsabilità sanitarie, Cantaro è laconico: «È in corso un’inchiesta della magistratura e una nostra indagine interna: aspettiamo che si concludano entrambe prima di esprime giudizi».