Martedì 23 Aprile 2024

"Nessuna caccia al lupo". Galletti detta le regole, ecco il piano

Il ministro dell'Ambiente: abbattimenti solo a condizioni rigorose

Cuccioli di lupo (Ansa)

Cuccioli di lupo (Ansa)

Roma, 2 febbraio 2017 - OGGI È IL «GIORNO del lupo». La Conferenza Stato-Regioni (ministero dell’Ambiente e rappresentanti delle giunte regionali) valuterà a Roma il Piano per la conservazione dell’animale più temuto e romanzato. Il piano, che in casi specifici prevede la possibilità di riaprire la caccia ai predatori, ha suscitato la rivolta di ambientalisti e animalisti. Tanto che non si può escludere che la misura sia stralciata. Da giorni una campagna martellante su social network chiede di eliminare dal documento la previsione di abbattimenti controllati degli esemplari che uccidono il bestiame: sono in programma manifestazioni in tutta Italia. Alcune amministrazioni regionali, dopo un primo ok tecnico il 24 gennaio, di fronte alle proteste stanno facendo marcia indietro. A Lazio e Puglia, contrarie da subito, si sono aggiunte Abruzzo, Friuli, Veneto, Piemonte, Liguria e Campania.

 

GIÀ SQUASSATA da riforme costituzionali, legge elettorale, emergenza sisma, la politica italiana sperimenta un nuovo fronte di contrapposizione trasversale: a battezzare il nuovo conflitto è l’aggiornamento del «Piano di gestione e conservazione del lupo in Italia», con la possibilità di abbattimenti selettivi sinora vietati. M5S sulle barricate, Verdi all’attacco, l’azzurra Maria Vittoria Brambilla che si commuove al grido «Crepi il lupo», esperti di chiara fama che si contrappongono a colleghi dotati di altrettanta autostima. Nel mezzo, i governatori delle Regioni sotto il tiro di ambientalisti e allevatori. Il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti (nella foto ) prova a smarcarsi dall’intricata mischia.

Ministro, si sente sotto assedio?

«Assolutamente no. Leggo di fantomatiche cacce al lupo. I casi sono due: qualcuno non ha letto il piano, oppure è in malafede».

Forse è anche un problema di linguaggio. Parole come «rimozione» o «prelievo», al posto di abbattimenti e uccisioni, sembrano studiate apposta per nascondere la novità...

«La popolazione di lupi italiani è stimata tra 1500 e 2000 esemplari. Ogni anno i bracconieri ne eliminano 250-300. Qualcuno vuol girarsi dall’altra parte? Io no».

Adesso non dica che balla coi lupi.

«Senta, il Ministero ha fatto un lavoro molto serio, di 57 pagine, redatto con l’Istituto per la protezione animale e con l’Unione zoologica italiana. Vi hanno collaborato 69 esperti e 11 associazioni, da Coldiretti a Legambiente, da Federparchi all’Enpa».

Quell’Ente protezione animali che lamenta di non averla «mai incontrata» e la accusa di «spalleggiare la parte più estremista di cacciatori e allevatori»?

«Sull’incontro farò le mie verifiche, ma non accetto di essere inquadrato in un presunto ‘partito’. Attraverso il piano, il Ministero ha offerto una fotografia della realtà e una traccia di lavoro scientifico. Saranno le Regioni, adesso, a decidere».

Punti salienti della proposta?

«Una costante e metodica prevenzione contro fenomeni quali bracconaggio, bocconi avvelenati, ibridazione lupi-cani. Una seria gestione dei conflitti territoriali a volte acuti con allevatori e comunità locali, non esclusa la revisione delle regole sul pascolo brado o semibrado. Complessivamente 22 misure di tutela. Solo l’ultima contempla una deroga, del tutto «eccezionale» – così dice il testo – al divieto di «rimozione» di lupi dall’ambiente naturale».

Fatta la deroga, aperta la strada.

«No, perché non ci sarebbe alcun automatismo. La deroga – di stampo europeo – sarebbe attivabile solo su richiesta, regione per regione, e in compresenza di ben sette condizioni».

Quali?

«La principale, ma che da sola non basta, è che «non esista altra soluzione valida per mitigare gli specifici conflitti sociali ed economici» originati dal fenomeno. Solo in questo malaugurato caso l’iter potrebbe esser avviato».

Procedura rapida?

«No, la Regione interessata dovrebbe chiedere un parere all’Ispra. Parere soggetto a ulteriori 8 criteri, certo non vincolanti ma formalmente non eludibili».

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«È l’animale simbolo della libertà e anch’io lo vedo così. Per questo il piano lo protegge, sottraendo spazi territoriali e ragioni emotive al bracconaggio».

Concludendo?

«Ciascuno faccia la sua parte, a cominciare dalle Regioni. Invece avverto già una sottile aria di rinvio».