Sabato 20 Aprile 2024

Bufale in Rete, l'esperto: "I social si autolimitino"

Morcellini, docente alla Sapienza di Roma: "Si è perso troppo tempo, occorre agire"

Mario Morcellini

Mario Morcellini

Roma, 28 dicembre 2016 - «L’unica strada è l’autoregolamentazione dei social: la politica predisponga la cornice, le grandi aziende adottino gli strumenti adeguati contro l’ondata di odio e false notizie». Mario Morcellini, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi alla Sapienza di Roma, chiama alla responsabilità le major del settore. «Quando si poteva ancora intervenire – spiega – è prevalsa la logica dell’arroganza delle tecnologia, in base alla quale tutto era lecito. Ora è cambiato il clima».

A cosa è dovuta questa inversione di rotta?

«Alla constatazione che nessuno è davvero difeso dall’onnipotenza dello hate speech , l’incitamento all’odio. Questo ha reso le persone più vulnerabili e non solo quelle famose. Basti pensare al suicidio di Tiziana Cantone».

C’è chi teme la censura del web, nato come strumento di libertà.

«Questa premessa della insopprimibile libertà della rete ha annullato per troppo tempo ogni tentativo di vedere certe derive. E invece una società democratica non può avere aree di riserva, in cui diritti e doveri non valgono per tutti».

Web sommerso da odio e bufale. L'Europa tentata dal giro di vite

Le parole di Zuckerberg su Facebook come attività editoriale rappresentano un possibile spartiacque?

«È un passaggio importante. Si è reso conto dei rischi connessi all’estremismo della rete, alla perdita di reputazione dello strumento e della sua capacità di fare corretta opinione. Queste sì che sarebbero sconfitte epocali».

Eco con «le legioni di imbecilli», Mentana con i «webeti», Boldrini con la schermata delle offese ricevute: sono messaggi in grado di cambiare le cose?

«Eco come al solito è stato il più lungimirante, il primo a fare il traghettatore di un nuovo dibattito. Senza quella uscita, saremmo ancora a domandarci se e da chi gli intoccabili dell’insulto possono essere arginati».

A lei convince la definizione di Facebook come impresa editoriale?

«La definizione è molto complicata. Potremmo allora rifarci alla percezione degli utenti. E per loro Facebook è senza dubbio un editor, uno dei più potenti mai conosciuti».

Ma cosa è stato liberato da Facebook, che prima magari era nascosto?

«Ha liberato la dimensione negativa di ogni soggetto di poter esprimere un giudizio sugli altri, separato dalle conseguenze di quelle parole, con una totale irresponsabilità etica. Certo, ci sono anche molti aspetti vantaggiosi, come la possibilità di essere interattivi con il resto del mondo concessa a persone che prima avevano un orizzonte molto limitato. Nel complesso il bilancio è positivo, ma ora ci si accorge che in questo processo la dignità di uomini e donne è stata poco considerata. E per questo bisogna intervenire».

Si è parlato anche di pesanti influenze su avvenimenti politici di rilevanza mondiale, ultime le elezioni negli Usa. È davvero così?

«Certo, fenomeni come la vittoria di Trump o anche il nostro referendum costituzionale sono stati toccati da quella che chiamiamo disintermediazione. C’è una vasta fascia della società, soprattutto giovani, che non crede più alla mediazione dei saperi. E questo porta al trionfo dell’individualismo e alla liquidazione di relazioni sociali significative. Nella storia la prima forma di educazione è sempre stata trasmissione, ora si crede solo nell’interazione. Con un altissimo rischio di decadenza sociale».