Venerdì 19 Aprile 2024

Mafia, il boss Giuseppe Dainotti ucciso in strada a Palermo

Omicidio eccellente nel quartiere Zisa. La vittima era vicina al capomafia Salvatore Cancemi. Dainotti è stato affiancato mentre era in bicicletta e ucciso con un colpo alla testa. Venti di guerra alla vigilia della strage di Capaci

Il luogo dove è stato ucciso il boss Giuseppe Dainotti (ANSA)

Il luogo dove è stato ucciso il boss Giuseppe Dainotti (ANSA)

Palermo, 22 maggio 2017  - Il boss Giuseppe Dainotti, 67 anni, è stato ucciso per strada a Palermo da due killer. Dainotti, un esponente di spicco di Cosa nostra e fedelissimo del capomafia Salvatore Cancemi, era in bicicletta via D'Ossuna, quartiere Zisa, quando è stato affiancato dai sicari che gli hanno sparato alla testa, uccidendolo sul colpo. 

Il boss era stato condannato all'ergastolo, ma era poi stato scarcerato nel 2014. Il 67enne da anni era nel mirino di clan avversari. Una vera e propria esecuzione che potrebbe presagire l'inizio di una guerra di mafia alla vigilia del 25esimo anniversario delle stragi del '92. Sul luogo del delitto si sono recati la squadra mobile e il pm della Dda Anna Maria Picozzi. 

Una donna tunisina che abita in via D'Ossuna ha visto l'agguato: "Ho sentito due colpi d'arma da fuoco. Erano le 7:50. Erano da pochissimo usciti i miei figli. Mi sembravano giochi d'artificio. Qui si sparano sempre i giochi d'artificio a qualunque ora. Mi sono affacciata e ho visto un uomo a terra che perdeva sangue dalla testa. In strada non c'era nessuno". La testimone ha continuato: "Poco dopo è arrivato un ragazzo con una maglietta celeste. Gridava 'zio Peppino zio Peppino'. Subito dopo sono arrivate le auto della polizia e dei carabinieri. Non avevo mai sentito colpi di pistola. Una volta che mi sono resa conto che era stato commesso un omicidio sono rimasta impietrita".

A preoccupare anche la totale noncuranza dei killer del luogo, e della gente, là dove hanno compiuto l'agguato a Dainotti. Il boss è stato freddato a 30 metri da uno dei due ingressi dell'istituto Sant'Anna, gestito da suore, che ospita la scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado. Invece a 50 metri dal punto dell'agguato sorge il comitato elettorale di Paolo Porzio, candidato al consiglio comunale nella lista "Palermo 2022".

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Giuseppe Dainotti era un personaggio importante negli organigrammi mafiosi. Boss del mandamento di Porta Nuova, fu condannato per omicidio (fu uno degli accusati della morte di tre carabinieri nel 1983: il capitano Basile e i militari Bommarito e Morici) e per la rapina miliardaria al Monte dei Pegni nel 1991. Riuscì a uscire dal carcere, nonostante l'ergastolo, anche grazie a una sentenza della Corte Costituzionale che bocciò il cosiddetto "ergastolo retroattivo", perché illegittimo. La Cassazione poi, in forza del verdetto, dovette commutare in 30 anni diverse condanne all'ergastolo, tra cui anche quella di Dainotti. Venne scarcerato nel 2014, per espiazione della pena.

Giuseppe Dainotti era già stato 'condannato a morte' dai suoi nemici interni a Cosa nostra. Solo il fermo di chi lo voleva morto scongiurò il suo omicidio. Infatti fu, dal carcere, il boss Giovanni Di Giacomo, con cui Dainotti gestiva negli anni '90 traffici di droga, a dare l'ordine al fratello Giuseppe Di Giacomo, ucciso poi a marzo del 2014, di eliminare alcuni esponenti mafiosi che si stavano 'mettendo in proprio' e puntavano ad assumere il comando del mandamento. 

Si è trattato del primo omicidio di Cosa nostra dopo tre anni di pace tra le cosche. Il caso vuole che l'ultimo padrino ucciso fosse proprio Giuseppe Di Giacomo, a cui il fratello aveva chiesto di eliminare lo stesso Dainotti.  

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LICEALI SU LUOGO DEL DELITTO - Alcuni studenti del liceo scientifico nella vicina via Imera hanno approfittato dell'ora di ricreazione e si sono recati in via D'Ossuna sul luogo del delitto del boss mafioso Giuseppe Dainotti. "Abbiamo letto la notizia su alcuni giornali online e siamo venuti qui a vedere di persona - spiega uno studente - noi veniamo qui a scuola a due passi. E così siamo venuti a vedere di presenza cosa fosse successo. Non mi era mai capitato di vedere una persona uccisa. L'avevo vista solo in televisione. Bruttissima esperienza". 

Una delle suore dell'Istituto San'Anna racconta: "Mi trovavo nel portone dell'istituto Sant'Anna in di via D'Ossuna che è aperto per consentire agli alunni di entrare a scuola. Erano entrati alcuni ragazzini. Noi non abbiamo sentito nulla. Solo attorno alle 8 le sirene della polizia". Poi dopo "abbiamo ricevuto alcune telefonate delle mamme degli alunni che hanno chiamato allarmate per sapere cosa fosse successo. Abbiamo rassicurato tutti i genitori che dentro l'istituto il clima è rimasto sereno. Le attività scolastiche sono proseguite garantendo agli alunni la massima serenità". 

PROCURATORE CAPO: OMICIDIO SIMBOLICO - "E' prematuro fare ipotesi, ma quando qualcuno dice che la mafia non c'è più, accade qualcosa per dire che la mafia invece è sempre là e torna a sparare anche in maniera evidente e simbolica". Sono le considerazioni del procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, interpellato a margine del plenum del Csm dedicato a Giovanni Falcone. "Uccidere Dainotti di giorno, in pieno centro a Palermo il 22 maggio può avere diversi significati".

MAFIA: IL TRADITORE GANO - Giuseppe Dainotti veniva soprannominato Gano di Magonza, personaggio della "Chanson de Roland" considerato un traditore. Un particolare svelato nell'ordinanza dell'operazione Iago con la quale venne disarticolato il mandamento Zisa a Palermo, ed evitato l'omicidio di Giuseppe Dainotti.  

Gano era uno dei paladini di Carlo Magno ed essendo patrigno di Orlando era anche suo cognato, avendo sposato la madre di Orlando, Berta, sorella di Carlo Magno, dopo la morte del marito, Milone, per mano dei Saraceni. Gano avrebbe tradito la propria patria svelando ai Saraceni il modo per cogliere di sorpresa a Roncisvalle la retroguardia franca di ritorno dalla Spagna. Il personaggio fu collocato da Dante Alighieri nell'ultimo cerchio dell'Inferno tra i traditori della patria. Gano di Magonza è anche una delle principali figure dell'opera dei pupi siciliana.

Il nomignolo di traditore a Dainotti era emerso in un'intercettazione ambientale registrata nel carcere di Parma del 2013 tra il boss mafioso Giovanni Di Giacomo, detenuto, e il fratello Giuseppe ucciso allo Zisa nel 2014, che avrebbe dovuto eliminare il Dainotti. Di Giacomo parlando con il fratello, si legge nel provvedimento dell'operazione Iago, dice che "Peppino" (Dainotti), in passato era stato incaricato da Cancemi di tendergli una trappola per ucciderlo. Giuseppe Dainotti aveva incaricato Giovanni di portare una persona ad un determinato appuntamento, ma Di Giacomo aveva fiutato qualcosa ed era riuscito ad evitare l'agguato. 

Il boss in carcere criticava anche lo stile di vita di Dainotti. "Giovanni Di Giacomo nel corso delle conversazioni - si legge nel fermo della Dda del 2014 - con il fratello stigmatizzava il comportamento di Dainotti reo di avere sposato una donna .... che stava sperperando tutti gli averi di Dainotti".