Mercoledì 24 Aprile 2024

Morto Caprotti, patron Esselunga. L’idea nata nel bagno di un hotel

Aveva 91 anni: sfidò le coop rosse e difese il gruppo anche dai figli

Il patron di Esselunga Bernardo Caprotti (Ansa)

Il patron di Esselunga Bernardo Caprotti (Ansa)

Milano, 1 ottobre 2016 - CON BERNARDINO Caprotti se ne va una delle figure più straordinarie dell’imprenditoria italiana. In pratica è quello che ha inventato la grande distribuzione alimentare italiana, con la S-lunga. Nel corso degli anni l’ha allargata e l’ha fatta diventare quasi un’istituzione, un colosso. È stato tanto determinato nel farla crescere quanto nel liberarsi dei soci, familiari compresi, con i quali ha ingaggiato battaglie giudiziarie così roventi da far parlare giustamente di saga. Forse tutto dipende dal fatto che la storia dei Caprotti e della Esselunga, la più grande catena di distribuzione alimentare d’Italia, comincia in un cesso. Non un cesso qualsiasi, per carità. Siamo nel 1956 e Guido Caprotti (famiglia che già possedeva una bella manifattura) va a sciare a Saint Moritz e ci va con il suo amico Marco Brunelli (che, di suo, è uno dei maggiori esperti d’arte che ci siano in Italia, bellissima casa con giardino dietro corso Venezia). Dopo le sciate, mangiano e bevono e vanno a orinare, come tutti i mortali. I due, all’epoca, sono giovanotti della Milano bene e di affari non sanno quasi niente.

MA QUI SIAMO in un grande albergo, a Saint Moritz, il Palace, e mentre i due fanno i loro bisogni, due metri più in là stanno facendo la stessa cosa i fratelli Brustio, proprietari della Rinascente, che poi venderanno agli Agnelli. E l’Avvocato li prenderà un po’ in giro, dicendo loro che hanno mani troppo ben curate per dirigere un grande magazzino (risponderanno: anche lei, visto che dirige una fabbrica di camion). I due Brustio quella sera si stanno raccontando che devono prendere contatto con Nelson Rockefeller per importare in Italia una nuova idea, i supermercati alimentari, che in America stanno facendo scintille. Guido e Marco Brunelli non si fanno scappare l’occasione. Forse è il loro colpo di fortuna. Ne parlano con il primogenito della famiglia, cioè Bernardo Caprotti, e decidono che bisogna tentare. Ma nessuno conosce Rockefeller. Allora, chiedono aiuto alla contessa Laetitia Boncompagni Pecci Blunt (assai più mondana di loro) e, attraverso questa strada, riescono a contattare Nelson Rockefeller a New York. Lui arriva e c’è una grande cena (menù tutto milanese) nella casa dei Caprotti a due passi dalla Scala.

QUELLA SERA, novembre 1957, si decide la nascita della Esselunga. I soci sono Rockefeller, Caprotti, Brunelli, i Crespi (quelli del Corriere) e qualche altra famiglia lombarda dotata di buoni patrimoni. Quella non è ancora la Milano da bere. È una Milano dove prima o poi anche i ragazzi ricchi vanno in azienda a lavorare.  La S-lunga parte e è subito un successo, come i due Brustio avevano predetto. Poco dopo, nel 1960 gli americani decidono di andarsene, hanno altri progetti. Tanto Caprotti quanto Brunelli sono interessati all’affare, ma Bernardo lo brucia, presentandosi ai Rockefeller con un assegno più che sostanzioso (curiosità: emesso dal banco Ambrosiano a firma di Roberto Calvi, allora assistente del presidente). Brunelli si arrabbia, ovviamente, e cede le sue quote alla finanziaria La Centrale. Successivamente, La Centrale viene scalata da Sindona, che subito mette in vendita la quota di Esselunga che aveva in portafoglio. La compra Bernardo Caprotti, che così diventa il padrone di tutto. Resta la questione dei due fratelli di Bernardo, ma anche loro verranno estromessi (anche se dopo lunghissime vertenze giudiziarie e con il pagamento di indennità).

IL BERNARDO Caprotti imprenditore si rivela un fenomeno. Lavora veramente dall’alba al tramonto, mangia nella mensa dei suoi dipendenti. Pur avendo aperto decine di supermercati nelle città italiane, non ha mai avuto una causa, perché sostiene di non avere mai pagato una sola tangente. Gli affari vanno a gonfie vele e Bernardo, essendo ormai l’unico proprietario, vive felice. Al punto che, a un certo punto, mette in azienda i due figli avuti dal primo matrimonio, Violetta e Giuseppe. Per un po’ tutto scorre. Poi Bernardo comincia a pensare alla successione. E intesta le azioni della Esselunga a Violetta e Giuseppe, ma tenendo per se stesso la nuda proprietà, insomma il potere di decidere. Dopo qualche anno, si pente e si riprende le sue azioni. Da qui parte un altro film di cause in tribunale padre-figli, che non è ancora concluso e a cui, forse, solo la morte del patriarca ha messo la parola fine.