Mercoledì 24 Aprile 2024

Il banco dei pegni. Ultima spiaggia dell’Italia in crisi

Il giro d’affari del settore sfiora gli 800 milioni. Prima si accettava di tutto: dai quadri alle pellicce. Oggi si valutano soprattutto oro, gioielli e orologi. I proprietari riscattano il 95% degli oggetti

Banco dei pegni (Olycom)

Banco dei pegni (Olycom)

Roma, 20 febbraio 2017 - PIAZZA del Monte di Pietà, a due passi dal Ghetto e da Campo de’ Fiori, è uno spazio perfetto e raccolto. Qui si celebra il rito centenario del pegno (ora sotto le insegne Unicredit). La Roma del commercio pulsa solo a pochi metri. Ma basta imboccare via della Pietà per ritrovarsi a palazzo: il prestito anti-usura di cattolica invenzione, con Paolo III e Clemente VIII benemeriti patroni.  Urgenza, dolore, vergogna, speranza, quel nodo di bisogno e paure che solo nel 5 per cento dei casi vira nella temuta escussione, abitano qui da tempi antichi. C’è un’aria diversa, e la senti, solo parzialmente intaccata dalle sgargianti vetrine dei Compro Oro (l’antitesi filosofica del pegno) che quasi assediano il Monte con offerte tentatrici per una clientela fragile, spesso suggestionabile, indecisa se compiere il passo micidiale – inconfessabile – di impegnare un pezzo di vita e di ricordi.  Varcato il portone, si entra in una banca diversa: una filiale attraversata da umanità varia e radente, che non comunica, non s’ammucchia, non sgomita – come farebbe in qualsiasi coda italiana – ma si dispone secondo traiettorie personali e separate, in religiosa compagnia del numerino sputato dall’ineffabile macchinetta. C’è chi sta in piedi e chi sta seduto, mentre il tabellone fluorescente aggiorna le file come alle Poste: da una parte le stime per l’oro, dall’altra quelle di argento e pellicce, mentre la valutazione di gemme e preziosi ha un suo percorso distinto al piano terra.  A metà mattina sono in attesa 25 persone, un quarto del centinaio di pegni giornalmente concesso. Facce un po’ così. Uomini di una certa età, ma anche 40-50enni. Donne anziane. Migranti con bambino. Signora, è la prima volta che è qua? «E fatte gli affari tuoi» è la replica in romanesco.    SBAGLIATO pensare a una clientela esclusiva stile pensionati. Qui vengono anche proprietari di azienda o artigiani che non sanno come pagare gli stipendi. Oppure chi ha necessità di contanti immediati (magari poche centinaia di euro). Il problema di un figlio – foss’anche l’ultimo smartphone per non farlo sentire diverso dagli amici – al Monte può trovare soluzione. Ci sono vigilanti in quantità industriale e, al lato opposto della scala, un altro salone. Quello del prolungamento pegni.    I PRESTITI sono concessi con polizza semestrale, rinnovabili fino a 6 anni con tasso di interesse debitorio annuale oggi fissato all’11,5 per cento. Anche qui una trentina di persone in fila. Sguardi bassi. Vestiti reduci da lunghe battaglie. La prova del rinnovo è psicologicamente pesante. «Sì, è la prima volta che allungo». «Nun è stata molto attendibbile...», si lascia andare l’amica, seduta a fianco. E pensare che era venuta in supporto psicologico. «Tre fedine. So’ rimaste giusto quelle... Speramo bbene». Le statistiche dicono che il 95 per cento dei clienti riesce a riscattare i beni periziati e consegnati. Chi non ce la fa occupa, suo malgrado, le 40 vetrinette al piano terra. Beni sotto la ferrea custodia di vigilanti e telecamere. Un museo sentimentale. L’oro domina. Poi gemme. Bei pezzi di argento. Ceramiche e servizi di pregio. Qualche visone meritevole di carezze e pulizia. Su ogni lotto: descrizione, peso, caratteristiche, base d’asta, prezzo di cauzione. Un pezzo d’Italia che ogni mattina va al pubblico incanto nella sala banditura a pochi metri dalle vetrinette. Compratori in sala e offerte segrete in busta. Procedura automatizzata e trasparente. A prova di infiltrazioni criminali (salvo prestanomi). Il giorno di San Valentino s’involano quasi 200 lotti. Dal vaso d’argento con lievi ossidazioni (80 euro) a 3 collane-3 anelli-ciondolo-spilla (75 grammi d’oro in tutto) per 1400 euro. Via all’incanto.   IN SALA ci sono vecchi marpioni che comprano per antiquari o per il web («niente nomi, lei scherza») e grossisti del ramo metalli. Salvatore arriva da Palermo. «Carino il pezzo che ha preso», butto lì. «Cosa crede? Quel che piglio lo mando in fonderia», replica lui con sorriso beffardo e calcolatrice alla mano. Margini? «Oggi l’oro zecchino sta a 37 euro al grammo, queste catenine o fedine in lega al massimo valgono 26 euro al grammo. Se il prezzo d’asta sta sotto, considerato anche il 20 per cento di commissione l’affare c’è. Altrimenti è materia da collezionisti». Si alza una damazza che sa il fatto suo e rilancia. I concorrenti le rispondono subito. Aggiudicato. Quell’offerta ristorerà Unicredit per il prestito inevaso e, per la parte eccedente, anche il vecchio debitore. «Questo prova come sia sbagliata quell’idea di speculazione e sciacallaggio connessa alle aste di Pietà. Chi compra all’incanto, giocando al rialzo, aiuta il debitore sfiancato molto più di chi resta a casa a far l’anima bella», spiega il funzionario Unicredit.