Roma, 12 dicembre 2013 - La legge elettorale passa ufficialmente nelle mani della Camera. Lo hanno certificato stasera i presidenti Pietro Grasso e Laura Boldrini in un incontro che è stato l’ultimo passaggio di un lungo e complesso iter parlamentare fatto di pareri e richieste dei gruppi di maggioranza e opposizione che si sono divisi a più riprese sulla decisione e dietro al quale si sono consumati scontri politici dentro i partiti e nella maggioranza di governo. Ma è anche il primo obiettivo raggiunto da Matteo Renzi da segretario del Pd.

Da mesi infatti Renzi sosteneva che l’esame della riforma dovesse essere spostato a Montecitorio dove il Pd ha una maggioranza più solida per portare avanti il suo modello. Grasso e Boldrini hanno anche stabilito che in parallelo alla riforma della legge elettorale toccherà al Senato occuparsi delle riforme costituzionali: “Nel definire l’intesa sul passaggio della materia elettorale alla Camera dei deputati, i presidenti hanno convenuto sull'esigenza, anche ai fini di un’equilibrata condivisione dell’impegno riformatore, che il Senato abbia la priorità nell’esame dei progetti di legge di riforma costituzionale già presentati e preannunciati, in particolare quelli concernenti il superamento del bicameralismo paritario e per l’avvio di un più moderno ed efficiente bicameralismo differenziato”, recita la nota congiunta delle due Camere.

Il percorso per arrivare a questo risultato è stato piuttosto impervio. Ci sono volute settimane perchè la richiesta venisse prima avanzata dai capigruppo di Montecitorio, quindi sottoposta ai colleghi del Senato i quali, anche nella maggioranza, hanno fatto resistenza, aprendo di fatto quasi uno scontro istituzionale tra le due Camere a colpi di regolamenti e prassi parlamentari. Infine, anche grazie alla pressione di Renzi sul suo partito, questa mattina la commissione Affari costituzionali del Senato ha certificato la decisione di interrompere il lavoro sulla legge elettorale, ma lo ha fatto appunto con una maggioranza diversa da quella che sostiene il governo. Con il Pd, per il passaggio alla Camera, si sono schierate due forze di opposizione, Sel e M5S, mentre Ncd e Scelta civica hanno fatto cartello con Fi, Lega e gruppo delle Autonomie, pur con motivazioni politiche diverse. Alla fine è prevalso il criterio della maggioranza numerica.


La posizione ‘dilatoria’ del partito di Alfano ha spinto il segretario del Pd a lanciare oggi un pesante avvertimento: “Temo che Angelino Alfano voglia perder tempo e menare il can per l’aia” ma “io non mi lascerò incantare e nemmeno rallentare: ho una mia exit strategy, un canale aperto anche con Berlusconi e Grillo, che la riforma adesso la vogliono davvero. E se il Nuovo centrodestra divaga, vuol dire che lavoreremo con qualcun altro”.


Parole che non sono piaciute affatto al partito nato dalla scissione del Pdl e alle quali oggi ha replicato con toni insolitamente minacciosi il ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello: “Nei prossimi dieci, quindici giorni, o la maggioranza trova un accordo sulla legge elettorale o va in crisi e allora ognuno si prenderà le sue responsabilità”. Un vero e proprio ultimatum al quale hanno replicato proprio i renziani del Pd ricordando che Ncd non ha i numeri sufficienti per dare le carte nella maggioranza: “Il ministro Quagliariello non è in condizione di dettare diktat al più importante partito italiano e al partito di stragrande maggioranza di governo - ha detto Dario Nardella -. Una cosa è chiedere legittimamente una attenzione preferenziale al confronto nella maggioranza, altro è escludere a priori le altre forze parlamentari dalla riforma della legge elettorale che per definizione rappresenta le regole del gioco. E le regole del gioco riguardano tutti coloro che giocano”. Ma Quagliariello ha anche ribadito l’apertura verso il modello più gradito a Renzi, quello del sindaco d’Italia, ossia un premierato con doppio turno. “per avere il bipolarismo o eleggi direttamente il capo dello Stato a doppio turno e il capo dell’esecutivo è frutto di un confronto bipolare, o eleggi direttamente il premier, cioè il sindaco d’Italia - ha spiegato -. Noi siamo apertissimi all’una e all’altra soluzione quello che non vogliamo è alzare cortine fumogene”.

Poi però il ministro per le Riforme su Twitter scrive: ''L’’ovviamente’ di Dario Franceschini chiude ogni polemica. Ora accordo a partire dalla maggioranza e avanti tutta su riforme e legge elettorale!”, scrive Quagliariello commentando le parole del ministro Franceschini (“sulle regole si parte ovviamente da un’intesa dei partiti di maggioranza”). “A questo punto - commenta Quagliariello - è ovvio per tutti”.