Pavia, 13 dicembre 2011 - Da vicino Alberto Stasi è ancora più magro e minuto. Più giovane dei suoi ventotto anni. Pile marrone con il cappuccio, jeans, scarpe da tennis. Scagionato anche dall’Assise d’appello di Milano dall’accusa che lo ha accompagnato per quattro anni e mezzo: avere ucciso la fidanzata Chiara Poggi, il 13 agosto 2007 a Garlasco.

Alberto Stasi, cosa prova dopo la nuova assoluzione?
"Una maggiore serenità di sicuro. Per me e per la mia famiglia c’è la possibilità di poter pensare come tutte le altre persone, quelle che vivono una vita normale. Posso pensare al mio futuro sotto ogni profilo, al futuro personale, lavorativo, amicale. A tutto quello che uno stato di non serenità non ti consente di prospettarti".

Non le chiederò cosa ha provato finora. Le chiedo invece se pensa a questi quattro anni che nessuno potrà mai restituirle.
"Sono gli anni in cui, normalmente, le persone della mia età vivono una fase di particolare serenità. Quando è successo tutto questo io avevo superato i 23 anni da un mese. Le persone mie coetanee avevano come unico interesse il debutto in società. Il sottoscritto aveva pensieri che milioni di persone non hanno e non avranno mai, per fortuna loro. Quanto ai quattro anni che nessuno mi restituirà, ci penso. Non sono così brevi. Non lo sarebbero stati neanche se fossero stati la metà. E’ come una sorta di appiattimento sul tempo. Mi piace però riportare il pensiero di una persona che mi è vicina e mi dice sempre di guardare il bicchiere mezzo pieno".

Ha provato l’impulso di arrendersi?
"Mai. Assolutamente mai. Per me. Per i miei genitori che mi sono sempre stati vicini. Per Chiara. Ricordo un colloquio con lo psicologo del carcere che mi manifestava il timore che potessi fare qualche gesto di disperazione, perché è ovvio che una persona in carcere innocente possa essere condizionata dagli eventi. Gli ho datto la stessa risposta: mai e poi mai. Per me. Per i miei genitori. E per Chiara".

I genitori di Chiara restano convinti della sua colpevolezza.
"Sicuramente avranno bisogno di un po’ di tempo per comprendere questa seconda sentenza, che è uguale alla prima. Quando riusciranno a capire che non devono guardare a me, comprenderanno davvero, intimamente, questa sentenza. Penso che allora ci sarà spazio per riavvicinarsi. Ma credo che avranno bisogno di un po’ di tempo".

Il suo pensiero per Chiara.
"Rimane e rimarrà parte della mia vita".

Le capita di pensare che il vero assassino è nell’ombra e forse spera nell’impunità?
"Qualche volta questo pensiero mi sfiora. Ma fa i conti con la mia impotenza di piccolo cittadino che può solo guardare a chi avrebbe dovuto cercare altrove il colpevole".

Chi è oggi Alberto Stasi?
"Cerco di riprendere lentamente i miei spazi, i miei ritmi, le mie occupazioni. In parole povere la mia vita, che non è mai stata per nulla stravagante, ma che per un po’ è stato come se non mi appartenesse. Faccio pratica da un commercialista e mi preparo agli esami".

Se un giorno sarà padre racconterà a suo figlio questa odissea?
"Sicuramente. Penso che possa essere un importante insegnamento umano su come l’onestà, l’amicizia, l’affetto, l’amore possano aiutare a superare le difficoltà che la vita ci dispensa".

Non teme di essere etichettato per chissà quanto tempo come il ‘biondino di Garlasco’?
"E’ possibile. Non mi spaventa come non mi spaventava prima di questa seconda sentenza".

Non prova rabbia?
"L’ho provata. L’ho affrontata. L’ho superata".