Mercoledì 24 Aprile 2024

L'elemosina del potere

Se il commissario delegato alla spending review Yoram Gutgeld volesse davvero portare a casa qualche risultato concreto entro pochissime settimane senza spostarsi più di tanto dalla propria scrivania di palazzo Chigi gli basterebbe uscire dalla stanza e percorrere qualche corridoio del fastoso edificio sede del governo. In qualche ufficio del piano di sopra troverà l’elenco di quelli che ufficialmente si chiamano «atti di concessioni», e che in realtà sono delle mance. Mance di Stato, in tutto - per il 2013 - un bel mezzo miliardo di euro. Ad enti veri o quasi veri, associazioni più o meno benefiche, sodalizi del genere più disparato, oltre all’intramontabile classico dell’elemosina pubblica, ossia i fondi ai giornali dei partiti, dei sindacati, della Chiesa, degli enti religiosi o parareligiosi, delle minoranze linguistiche. Per carità, non è questo governo ad aver inventato le mance di Stato, che anzi negli ultimi anni si sono assottigliate - c’è la crisi anche lì - e non è neppure solo il governo in quanto tale a elargire generose elemosine pubbliche, e basti pensare a quelle che in forma di consulenze danno le Regioni. Ma vedere un mezzo miliardo di euro finire in mille rivoli alcuni dei quali curiosi come l’«Istituto nazionale per lo sviluppo musicale del Mezzogiorno», l’«Associazione un’Ala di riserva», oppure a giornali come «Car audio», «Dall’alba al tramonto» o magari anche più seri come «Il Manifesto» o «La Padania», certo, molto piacere non fa. Colpisce questa incapacità di tagliare rami che definire secchi pare riduttivo, questa inanità immobile. Per esempio verso i giornali di partito o facenti capo ad associazioni (spesso fittizie) o editi da coperative di giornalisti, per i quali il contributo complessivo nel tempo è solo un po’ calato, ma che esiste sempre. A differenza di quanto avviene per i giornali «veri» o comunque non appartenenti a enti morali, che si mantengono con le proprie forze. Una disparità palese, che altera il mercato e appare ingiustificata in particolare nel momento in cui è in atto - da parte dei due ultimi governi - uno sforzo per attuare un riordino del settore con interventi normativi mirati. Ma non c’è riforma che tenga se resta l’idea della mancia. Che in lingua italiana non fa direttamente rima con spreco, ma che nella mentalità del cittadino lo ricorda molto da vicino.