Giovedì 18 Aprile 2024

Uomini e bersagli

L’uccisione di uomini, in guerra e in pace, di umano ha sempre avuto assai poco. Dai tempi di Caino e Abele. Da allora, però, nell’arte di uccidere abbiamo fatto enormi passi avanti, e c’è chi ne va orgoglioso. Questo è comprensibile, il mondo è sempre andato avanti così. C’è anche chi è convinto che sia lecito uccidere in modo ‘umano’, e da qui derivano le fortune di alcune cliniche dove si pratica l’eutanasia.

Negli anni, l’industria bellica ha dato una buona mano ai responsabili delle guerre (che non sono i generali) a uccidere da lontano, scaricando coscienze e lavando mani che, come le coscienze, rimangono comunque sporche. Occhio non vede, cuore non sente. I gas, le artiglierie a lunga gittata, i bombardamenti a tappeto, le bombe atomiche e le mine antiuomo sono stati il risultato di questi sviluppi. Poi, qualcuno ha pensato che si poteva uccidere senza rischiare di essere uccisi, e gli scienziati hanno subito inventato i missili da crociera e i velivoli senza pilota a bordo. Ma il bersaglio da colpire non viene scelto dal drone. L’uccisione mirata di un terrorista, o comunque del nemico da eliminare, è comunque frutto di lunga attività umana, in una catena che va dall’elaborazione dell’intelligence all’ultima conferma politica. Il pilota che siede dietro una consolle a Tampa e preme il grilletto mentre il drone sorvola l’Afghanistan è soltanto l’ultimo anello. 

Ma anche nell’idea di robot-killer dotato di intelligenza che individua il nemico, e decide di ucciderlo, la mano dell’uomo c’è, ed è quella dello scienziato che lo ha inventato e dell’industria che lo ha fornito all’utente. Magari dopo una lunga guerra burocratica per assicurarsi il buon esito della gara. Fa specie che siano proprio loro a proporre all’Onu questa petizione.