Tra due fuochi

Roma, 12 dicembre 2017 - In occidente dicembre è un mese molto atteso. E non solo per gli eventi religiosi, perché anche per i non credenti quella lieta atmosfera natalizia è ormai parte integrante della propria cultura. Purtroppo, sembra essere un mese piuttosto atteso anche dal nemico, come ci ricordano l’attentato dello scorso anno al mercatino di Berlino, i tanti messaggi sul web e, ieri, il fallito attentato di New York. Tentativo maldestro di un terrorista con tanto di permesso di soggiorno, fallito solo materialmente, perché un risultato lo ha comunque raggiunto: la conferma che nemmeno nella città più controllata del mondo i cittadini sono al sicuro.

A dire il vero, qualche motivo di preoccupazione in più effettivamente esiste. Dove sono finiti i foreign fighter dell’Isis già asserragliati a Mosul e a Raqqa? Molti sono morti e – come ha candidamente affermato il ministro della Difesa inglese che, fresco di mandato, non ha ancora fatto a tempo a convertirsi al politicamente corretto – un terrorista ucciso prima del rientro non farà più male a nessuno.

La maggioranza, secondo gli analisti, si è data appuntamento nelle distese sabbiose dell’Africa sub-sahariana. Ma altri, come ha sottolineato il ministro Minniti, che di intelligence se ne intende, costituiscono una diaspora che si materializza in fughe individuali verso i luoghi da cui erano partiti. Per l’Italia, secondo i dati ministeriali, si parla di 120-130 soggetti, numero decisamente inferiore a Gran Bretagna, Francia e Germania. Il rischio, figuratamente parlando, è quello di trovarci tra due fuochi: quello imprevedibile dei fai-da-te e quello, più pericoloso, ma anche più tracciabile, dei reduci dal fu califfato.