Martedì 23 Aprile 2024

Gli sponsor dell'orrore

Non c'è solo l’Isis delle bandiere nere. C’è anche l’Isis delle bandiere bianche, anzi verdi. E se il primo semina il terrore nel nome di Allah il misercordioso, il secondo gli assicura appoggi, coperture, finanziamenti, proselitismo. Lo si sa. Ma se a dirlo è un europeo, bergogliani e boldriniani lo accuseranno di islamofobia. Non tutti i musulmani sono terroristi. Vero. Ma tutti i terroristi sono musulmani. Non rimane che l’integrazione. Impossibile, ci ricorda Souad Sbai. L’islam è incompatbile con la laicità delle nostre istituzioni. Alziamo allora lo sguardo sulla grande visione dell’Arabia Saudita. Al Jazeera dal Qatar cita il profeta Yusuf al-Qaradawi: «Se Dio vuole conquisteremo Roma. Non con la spada ma con la Dawa (il proselitismo)». Va preso sul serio? Scrive Kamel Daoud, scrittore algerino, sul New York Times: «... il jihadismo viene denunciato come il male del secolo, ma non ci si concentra su ciò che lo ha creato e lo sostiene». Esattamente. Che cosa l’ha creato? Il wahabismo, vale a dire la dottrina di un islam salafita, duro e puro. Costituisce l’humus ideologico-religioso che è alla base della «guerra santa» contro gli infedeli. Non un fenomeno marginale, ma l’anima del revanscismo sunnita che ambisce a tornare in quel continente cui dovette rinunciare dopo la sconfitta di Lepanto (1571) e definitivamente dopo il secondo assedio di Vienna (1683). Chi lo sostiene? Arabia Saudita e Qatar in primo luogo, anche se in concorrenza. E come? Con i miliardi di petroldollari, accumulati grazie alla nostra sete di energia e di commesse commerciali. Così sono nati in Italia e in Europa moschee e centri sociali. A migliaia. Ospitano i predicatori dell’Isis bianco e ne escono i terroristi dell’Isis nero. Ma provate a chiedere una chiesa cristiana a Riad. Provocatore, vi bolleranno le anime belle.

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