Mercoledì 24 Aprile 2024

Il governo ci riprova

«Da grande voglio fare il postofisso», sognava il futuro statale Checco Zalone in 'Quo vado'. Scorrendo i dati sull’assenteismo nel pubblico impiego c’è da pensare che ancora oggi sia vero un motto che amava ripetere Giuliano Amato, in arte il Dottor sottile: «Gli statali pensano di aver diritto allo stipendio solo perché sono stati assunti. Per lavorare vogliono essere pagati…».

Non sono servite a nulla (o quasi) le tante crociate contro i fannulloni. Brunetta voleva licenziarli senza pietà. Marianna Madia, non meno brutale, vorrebbe mandarli a casa in 48 ore. Ha tentato una prima volta ma il suo decreto è stato stoppato dal Consiglio di Stato. Ora il governo ci riprova. Sull’onda lunga dell’ennesimo scandalo dei furbetti del cartellino. O degli ammalati del weekend. O, ancora, di quelli delle feste comandate.

Nessuno vuole mettere alla gogna l’esercito dei tre milioni e passa di dipendenti pubblici. La maggioranza compie il proprio dovere e auspica anzi che i colleghi imboscati (o peggio) venga smascherata. Ma se è vero che, dice Confindustria, il tasso di assenteismo nei dipendenti pubblici è doppio rispetto a quello privato, i conti non tornano. Non è pensabile che gli statali siano di salute più cagionevole. O che abbiano più parenti a casa da accudire.  

Del resto, se su 7mila provvedimenti disciplinari (la metà per assenze ingiustificate) il licenziamento è scattato solo 220 volte, l’idea che sia un’impresa mandare a casa un dipendente pubblico nullafacente pare fondata. A Cagliari un primario è tornato al suo posto dopo aver violentato una collega (trasferita). A Lecco il Comune ha riassunto il funzionario che aveva intascato una tangente. È tornato al suo posto perfino un preside che aveva investito i soldi della scuola in un conto svizzero. Perché dovrebbero avere sorte diversa i vigili romani che a San Silvestro sono rimasti a casa? O i dipendenti del Comune di Sanremo che timbravano e poi andavano in gita? Il problema è, prima che normativo, culturale. Varrebbe la pena di ricordare la frase di Kennedy: «Non chiediamoci cosa il nostro Paese può fare per noi, ma cosa possiamo fare noi per il nostro Paese». E se la piazzassimo, in bella mostra, nei nostri uffici pubblici? Per ricordare che, prima di nuove leggi, sarebbe il caso di far funzionare quelle esistenti. Cominciando a licenziare fannulloni e furbetti.