Abituato a vincere

Pochi mesi fa, quando Berlusconi predisse che il centrodestra sarebbe tornato al quaranta per cento dei voti, commentatori e giornalisti, sinistre e grillini, pensarono a una delle sue solite boutades e se ne fecero beffe. Invece, alla prima occasione – le elezioni regionali siciliane – puntualmente ha fatto centro: quaranta per cento spaccato. Da anni tutti, o quasi, pronosticavano un futuro del centrodestra a trazione leghista e Forza Italia costretta ad abbozzare o a rompere la storico schieramento per aggrapparsi al Pd. Invece, Forza Italia è in testa nei sondaggi, ha riassunto la guida dell’alleanza e dopo gli ultimi appuntamenti elettorali appare tonificata e favorita. Certo, abbandonando il separatismo e marcando un profilo nazionalista, Salvini ha triplicato i voti della Lega di Bossi. Eppure la sua leadership sembra appartenere più che a un ipotetico futuro a quei periodi di assenza del titolare in cui un supplente sale in cattedra. Ora, la supplenza è finita e Berlusconi è tornato. Per sei lunghi anni gli sono piovuti in testa fulmini, tempeste e disgrazie: dalla condanna per frode fiscale alla decadenza da senatore, dall’attacco a Mediaset all’isolamento morale e a un grave attacco cardiaco. Nessuno può negargli di aver mostrato, una volta di più, una straordinaria tempra di combattente fatta di determinazione e di flessibilità. Al momento, in attesa della sentenza della Corte europea, resta incandidabile. Eppure sembra aver metabolizzato anche l’eventualità di un esito sfavorevole. Chissà che, a differenza di Renzi che pure ha la metà dei suoi anni, Berlusconi abbia imparato dai propri errori a non fagocitare gli alleati, a non circondarsi di yesmen , a non dissipare un nuovo patrimonio di fiducia. Per ora sembra non aver disimparato a vincere.