Giovedì 25 Aprile 2024

Se la vita è solo online

SE QUALCUNO mi vede steso per terra in un lago di sangue, sia gentile: non mi filmi. Che sia già morto, o che stia per morire, poco importa: non voglio farlo ripreso da un cretino che invece di chiamare soccorso, usa il cellulare per passare alla storia del web. Per diventare virale. O più semplicemente (ancora più grave) perché non distingue la realtà dalla finzione. «Se qualcuno ascolta può chiamare dei soccorsi». Ma come, razza di un debosciato virtuale, vedi un corpo a terra, probabilmente senza vita, uno scooter sfasciato a lato; vedi una scena di dolore, quasi certamente di morte, e il primo pensiero è quello di ‘andare in diretta’? In diretta con chi? Non ti viene in mente di usare il telefonino per chiamare il 118, il 113, il 112, piuttosto che riprendere la scena ed esternarci le tue sensazioni? Non sentì quelli vicini a te? Ti dicono che i soccorsi sono in arrivo, e tu continui a invocare il web? Poveri noi.

Riccione, filma l'incidente mortale e lo pubblica sui social, ma non chiama i soccorsi

Povero quel ragazzo senza vita in mezzo a una strada mentre il buio scende dentro di lui e i suoi ultimi istanti sono illuminati dal flash di un cellulare, sotto gli occhi della rete. Perché l’importante è riprendere. Qualunque cosa. Anche la propria morte. Quante volte ci è capitato di veder i filmati di un tizio lanciato a tutta velocità, e che invece di tenere il volante, tiene la telecamera accesa fino a quando la sua vita si spegne? Tante, troppe. Del resto non c’è più niente che venga vissuto in modo reale, se non viene accompagnato, preceduto, in modo virtuale, immortalato e rilanciato sui social. Una festa, una cena, la visita di un museo, l’amore con il proprio partner: prima filmare, poi guardare, agire. Semmai, se c’è tempo. Giovani e adulti, senza distinzione. Così capita di morire in mezzo alla strada come in un film dell’orrore.

E della stupidità.