Sabato 20 Aprile 2024

"Rinuncio all'impero per amore". La principessa sposa un impiegato

La principessa Mako, che ha rinunciato all'impero per amore (Afp)

La principessa Mako, che ha rinunciato all'impero per amore (Afp)

Tokyo, 18 maggio 2017 - NON ci eravamo ancora riavuti dallo choc di vedere il nuovo re della Thailandia aggirarsi in incognito per le vie di Bangkok, in jeans strappati mostrando sulle braccia coloratissimi tatuaggi, che dall’Oriente ci arriva un’ altra notizia inusuale. La venticinquenne principessa Mako, nipote dell’Imperatore Ahikito, ha deciso di privarsi del suo rango per sposare un giovane coetaneo, che lavora in uno studio legale di Tokio. Stando alle prime indiscrezioni, i due coltiverebbero come hobby la cucina e lo sci. Abbiamo fame di favole anche da grandi, non solo da bambini. È vero quel che credeva Pascoli, persiste a ogni età una parte fanciullina, che si nutre dopo ventitrè ore e mezza di resa alla realtà, di una mezz’ora di sogni. E la favola prospera ad ogni latitudine più a regime monarchico che repubblicano, se è vero che inizierà sempre ‘c’era una volta un re’, e mai ‘c’era una volta un presidente della repubblica’.

L’IMMAGINARIO europeo, caduti gli Imperi che lo nutrivano con creature carismatiche come la bellissima Sissi, imperatrice d’Austria, Ludwig II di Baviera, il re folle, o Anastasia, scampata forse al massacro della famiglia imperiale russa, oggi guarda alla monarchia inglese, come alla custode dell’ antica mistica regale. Penso che il segreto fascino delle monarchie, così inossidabile, come dimostra lo stupore del mondo alla rinuncia della principessa giapponese, sia dovuto alla metafora che rappresentano di una elezione cieca della sorte nella elargizione dei doni della felicità. Si nasce re o regina o principe, come si nasce col genio di Mozart o di Einstein o con il volto di Greta Garbo. È una condizione non meritocratica quella dei doni più divini ? Sembrerebbe così, perché non si possono imparare o meritare né il genio superiore, né la Bellezza. Si ricevono come carismi, di una natura cieca nelle sue assegnazioni. Sono d’altra parte anche proiezioni, re e principesse, del sogno più comune, di una vita diversa e d’eccezione, sottratta alla ripetitività grigia del quotidiano.

GIÀ nel nome comincia la favola, perché a tali creature basta chiamarsi Diana, Elisabetta, Kate, George, Filippo, Margaret. Senza il cognome, che è d’obbligo per noi comuni mortali. In Europa la mistica regale subì un fiero colpo nel dicembre del 1936, con l’abdicazione del re Edoardo VIII, che preferì rinunciare al trono d’Inghilterra, piuttosto che alla donna che amava, la pluridivorziata Simpson. Ma le favole hanno una possibilità di lettura doppia, possono essere lette dall’alto, scendendo al basso, e dal basso salendo all’alto. C’ è posto, nell’ immaginario della regalità, sia per la favola di Kate, che diventa da donna borghese, la duchessa di Cambridge, che per la principessa Mako figlia dell’Imperatore, che diventa la borghese moglie di un semplice avvocato. La chiave di tutte le favole resta sempre l’amore.