Mercoledì 24 Aprile 2024

L'usurpatore e il populista

L’ANNUNCIO di Pierluigi Bersani che non rinnoverà la tessera del Pd e non andrà al congresso del partito è una notizia scontata, ma di forte impatto psicologico. È il segno tangibile della scissione, di un divorzio perfino tardivo se è vero, come è vero, che Bersani ha confessato di non essersi mai capito con Renzi dall’inizio della storia. La Ditta post comunista non ha mai accettato l’Usurpatore post democristiano. La sconfitta referendaria ha fatto il resto. Ma se il Pd vuole restare ancora il Pd e non trasformarsi nel PdR, nel partito di Renzi, è indispensabile che la componente residua di post comunisti (Orlando, Cuperlo, Damiano, ma anche Martina e Bellanova), abbia un ruolo politico e non solo istituzionale. Orlando aveva deciso di candidarsi alle primarie proprio per distinguersi da Renzi. Si è raffreddato dopo la capriola di Emiliano, ma dovrà rassegnarsi se vuole dare vento alla bandiera della sinistra interna. La decisione del governatore pugliese di restare nel Pd è un forte dispetto agli scissionisti, ma al tempo stesso difficilmente è gradita a Renzi.

EMILIANO è un avversario dichiarato del segretario uscente e userà nella campagna elettorale per le primarie toni certamente più forti di quelli che si scambiarono Renzi e Bersani nel 2012, Renzi, Cuperlo e Civati nel 2013 per non ricordare quelli tra Water Veltroni, Enrico Letta e Rosy Bindi di tempi più remoti. Soltanto gli scissionisti (e non tutti) hanno detto di Renzi quel che dice lui. Ha il linguaggio da capopopolo più che da leader politico. Ma appunto per questo mediaticamente funziona. Si distingue dalla nomenklatura («non sono un politico di professione»), sostiene di non doversi mantenere per il futuro («tornerò a fare il magistrato»), attinge alle simpatie di chi lo vede come un civil servant prestato alle istituzioni («fui eletto sindaco guidando una lista civica che prese più della somma di Ds e Margherita»). Si ispira alla Destra («mio padre missino mi ha insegnato a parlare con un linguaggio diverso da quello della Sinistra»), ma anche alla Sinistra («sono stato iscritto al Pci e vendevo l’Unità») e ai ai Grillini («se Renzi vi sta antipatico votate per me»). È insomma uno di quei competitori che perderanno certamente, ma che è meglio non avere tra i piedi.

SE LE PRIMARIE, come sembra, si svolgeranno all’inizio di maggio, gli avversari di Renzi avranno poco più di due mesi per girare l’Italia e stilare un programma di governo. E già, perché il segretario del Pd è per statuto candidato premier. E gli elettori che si presenteranno al gazebo avranno tutto il diritto di sapere in quale direzione andrà un partito che con ogni probabilità sarà ancora il perno (forse in coalizione) del prossimo gabinetto. Renzi ha cominciato la campagna dalla California: «Il futuro torna. Non si può vivere nella paura». Vento americano, che dovrà confrontarsi con quello che sale dalla Puglia. Chi l’avrebbe mai detto...