L'arroganza dell'Onu

SENTI da che pulpito. L’Onu che bacchetta Europa e Italia per gli accordi con la Libia, è come Tavecchio che se la prende con la Federazione calcio per l’eliminazione dai mondiali. La desaparecida delle emergenze vere, l’organizzazione terzomondista mantenuta dai dollari dei paesi occidentali, ci fa la lezioncina sul rispetto dei diritti umani. E per di più, neppure da uno scranno del Palazzo di Vetro, ma dal trono del principe di Giordania, alto commissario per le Nazioni unite, un uomo che certamente ha vissuto umiliazioni e violenze dei migranti. Intendiamoci. Nei campi profughi libici, la barbarie spesso è legge. E bene fa la Ue a vigilare, e benissimo il presidente Tajani a inviare una delegazione di eurodeputati per vedere con i propri occhi, e non solo con quelli delle troupe televisive. Che documentano una realtà agghiacciante, certo. Ma forse era ancora più agghiacciante l’ecatombe in mare. O no?

Con gli accordi bilaterali, con il sostegno alla guardia costiera di Tripoli, il Mediterraneo non è più una fossa comune. Questo ha spostato il problema in terraferma, dove continuano ad affollarsi i disperati dell’Africa nera. In numero minore, però, ora che le porte sono chiuse. La speranza, insomma, è che molti restino a casa, e che lì si possano aiutare. L’emergenza, invece, riguarda quelli già partiti. Un’umanità disperata di cui l’Onu si è occupata tardi, poco, male, e per lo più proprio tramite l’Europa. Puntare il dito contro l’Italia, poi, vittima dell’egoismo dei propri partner e dei ritardi con cui ha deciso di provare a darsi una politica da Stato sovrano, e non da Onlus piagnona; puntare il dito contro Roma per i lager libici, insomma, è proprio da Principi in cerca di gloria popolare. Piuttosto, si dia una mossa l’Onu. Vada dove l’umanità ha bisogno. Basta scendere dal pulpito. Pardon, dal trono.