Mercoledì 24 Aprile 2024

Serve un blocco navale

Kick the can down the road!, si dice nel politichese americano. Prendere a calci il barattolo lungo la strada. Dove il barattolo sta per l’invasione migratoria. Chi lo calcia senza decidere è il governo italiano. La strada porta al collasso dell’unico Paese che, in un’Europa dalle frontiere chiuse, è diventato la discarica della disperazione umanitaria. E con quali prospettive? Date un’occhiata al rapporto Onu. Entro i prossimi mesi rischiano di morire di fame 20 milioni di persone nello Yemen, in Somalia, nel Sudan del sud, nella Nigeria di Boko Haram. Saranno quelli che si ammasseranno sulle coste libiche in attesa degli scafisti e delle navi degli speculatori? Ovviamente. Ma non solo. Per il viaggio ci vogliono soldi. E i primi a intraprenderlo sono coloro che non sono ancora alla fame, vale a dire molti di più. Come salvarsi dall’alluvione definitiva? Secondo il Washington Post alcune grandi corporations, da Blackrock a Google, a Pepsi eccetera raccolgono fondi per aiuti sul posto. È già accaduto. La tragedia potrà essere alleviata. Non scongiurata. E poi non risolve il problema italiano. Altra ipotesi: investire in Africa i miliardi pubblici che ingrassano i soccorritori, benedetti dal buonismo ipocrita e irresponsabile. Ne ha accennato persino Renzi. Apriti cielo! È stato scomunicato dal bergogliano Galantino. Terza ipotesi: un blocco navale nel Mediterraneo. Nessuno osa parlarne. Ma siamo all’emergenza, a dispetto del ministro Minniti. Sarebbe legittima difesa.

cesaredecarlo @ cs.com