Martedì 16 Aprile 2024

Una politica personalizzata

MATTEO RENZI si tocca in continuazione i polsini della camicia, in special modo in contesti pubblici, ufficiali. Non quando è sul ring, come durante le direzioni del partito, o sul palcoscenico, ad esempio alle Leopolde o nelle interviste televisive. Perché Renzi è a proprio agio quando è al centro della scena, tra il suo ‘pubblico’, o quando si tratta di menar tenzone. Sembra invece a disagio, insicuro, e cerca allora di darsi un tono (toccarsi i polsini), quando il copione non gli attribuisce alcuna particolare centralità. Il suo genere è il monologo. Non sa condividere la scena, foss’anche da protagonista. È con questa attitudine che ha gestito il suo governo e il suo partito e non si può prescindere da essa se si vuole comprendere la recente scissione. Non vi è dubbio che tra le sue cause vi siano visioni della politica e del partito molto diverse. E certamente anche frustrazioni e rancori personali, in special modo nella generazione più ‘anziana’.

HANNO probabilmente svolto un ruolo anche le correnti, benché non più meramente riconducibili ai due partiti originari. Ma il detonatore di una miscela di differenze, malesseri, interessi è da ricercare nell’assenza di una leadership in grado di coinvolgere e convincere o comunque di farsi riconoscere legittima e autorevole in virtù della parola e dell’interazione messe in campo nella propria azione. Tutto questo sarebbe stato necessario per sorreggere l’azione rivoluzionaria che Renzi aveva promesso ‘scalando’ un partito anchilosato nell’organizzazione e nelle idee e per coinvolgere quel partito in un ampio processo di trasformazione. Tutto questo è mancato, l’orizzonte è divenuto sempre più quello del partito personale, con un capo sfuggente, infastidito dai dissensi, impegnato a costruire le proprie, personali, narrazioni piuttosto che spazi, relazioni, politica. Complice il nuovo contesto proporzionale, la strada per gli addii è stata spianata. I profili personali, in una politica ‘personalizzata’, contano.