Giovedì 18 Aprile 2024

Malati come cavie

Già l'uomo di Nehandertal, come rileva uno studio su Nature, aveva cura di se stesso e del prossimo ricorrendo ai principi attivi dei nostri analgesici, che estraeva dalle piante. Tutto per migliorare la vita ed alleviare il dolore. Questo per dire che nell’uomo è innato l’istinto alla solidarietà nel momento che un suo simile è ammalato. Un aspetto che pare non appartenere a tutti i medici dei nostri giorni, alcuni dei quali sembrano aver perduto ogni forma di rispetto e di attenzione verso i pazienti. E’ il caso del primario di un ospedale di Milano, accusato di rompere i femori e di impiantare protesi non confacenti alla patologia dei ricoverati, in cambio di favori e di premi di due aziende produttrici di materiale ortopedico.

Il ricovero in ospedale è un momento intimamente difficile per chiunque, e altro non chiediamo che di essere assistiti, non solo sul piano sanitario, ma anche su quello psicologico, e vediamo nei medici gli amici e gli alleati del momento. Stati d’animo antichi ed elementari, ma indispensabili per meglio affrontare interventi ed altro. La condotta del primario milanese, ha infranto questi codici, prospettandoci un futuro non futuro, dove neanche negli ospedali esiste più quella norma che dovrebbe essere alla loro base: la comprensione umana, senza la quale altro non incappiamo che nella barbarie, la stessa che ci riporta, sebbene in altri contesti e versanti, a ciò che accadeva nei campi di concentramento nazisti, coi prigionieri ridotti a cavie, pur di realizzare esperimenti di varia e desolante matrice. Sopraffare chi è bisognoso di cure e assistenza è quindi forse qualcosa di peggio di un delitto ordinario.