Giovedì 18 Aprile 2024

Scandali, inchieste e colpi di scena. Così Emmanuel ha spazzato i partiti

LA FASE del governo Macron-Philippe apertasi dopo le elezioni legislative sta offrendo un crescendo di colpi di scena. Gli affaires che lambiscono o colpiscono ogni giorno qualche protagonista politico si intersecano con la destrutturazione del sistema dei partiti, che ha subito un’accelerazione significativa con la vittoria di Emmanuel Macron. È notizia di ieri che i gollisti (Les Républicains) si divideranno in due gruppi, uno dei quali voterà la fiducia al governo del gollista (sino a poche settimane fa) Edouard Philippe: i constructifs . Paese che vai, ‘responsabili’ che trovi. Con queste premesse, per i Repubblicani non sarà facile ritrovare forza e fisionomia. Stessa cosa per i socialisti: se il bureau politico ha deciso di non votare la fiducia, i dissensi nel Ps non mancano.

NEL FRATTEMPO tre importanti ministri MoDem, il partito centrista di François Bayrou, che ha sostenuto Macron sin dalla campagna delle elezioni presidenziali, si sono dimessi in pochi giorni: Sylvie Goulard (Difesa), Marielle de Sarnez (Affari europei), e lo stesso Bayrou, titolare della Giustizia. Le ragioni delle dimissioni stanno nell’inchiesta, avviata già da mesi, sull’uso improprio degli assistenti parlamentari da parte di eurodeputati MoDem. E così i ministri dimissionari sono saliti a quattro: aveva aperto le danze uno degli uomini chiave della ‘start up’ Macron-En Marche, Richard Ferrand, accusato di essere coinvolto in affari immobiliari poco chiari. Il nuovo governo non ha intenzione di essere danneggiato da queste vicende e così basta essere sotto inchiesta (Bayrou in realtà nemmeno lo è) per essere lasciati andare senza rimpianti. D’altro canto, uno dei primi progetti presentati è stato quello «per la moralizzazione della vita pubblica», proprio da Bayrou, poco più di una settimana fa. Macron ha costruito la propria immagine attraverso la retorica antipolitica e la promessa di rinnovamento della politica – facce e comportamenti – e, complice un sistema mediatico che si avventa con passione sul minimo stormir di fronde, non può fare altro che giocare al gioco che tanto gli ha giovato (anzi, gli ha permesso di arrivare all’Eliseo, probabilmente più del suo europeismo). Nel frattempo il presidente tace, lascia che ministri problematici se ne vadano, che il primo ministro incontri il capo dei constructifs , accoglie il presidente colombiano sorridente all’Eliseo mentre tutti attendono i nomi del rimpasto, che conferma la parità di genere, gli equilibri politici e l’attenzione ai tecnici.

CON SPREGIUDICATEZZA e determinazione il nuovo presidente si muove tra la crociata per la buona politica e la politica buona perché né di destra, né di sinistra, con il distacco del presidente sopra le parti. Intanto si indaga sull’ipotesi di favoritismi del ministero dell’Economia (quando Macron era ministro) nei confronti del gruppo Havas, controllato da Bolloré. Il feuilleton continua?