Imitiamo i nostri cugini

Roma, 28 luglio 2017 - Ah questi francesi! esclamava Oscar Wilde. Vanitosi, velleitari, infantili nel rivendicare un’improponibile grandeur. Con Sarkozy (e con la complicità della Clinton) hanno fatto la guerra a Gheddafi. E ora con Macron vorrebbero imporre una paix française. E gli italiani? Beh! I soliti. Provinciali e frustrati. Troppo occupati a litigare su siccità, incendi, tasse, oppongono un’impotente rassegnazione all’inettitudine dei loro governi. Intanto gli sbarchi clandestini sono un’invasione. E solo ora, in piena emergenza sociale e economica, Gentiloni ventila il blocco navale. Ma per carità non chiamatelo così. Le orecchie buoniste potrebbero non sopportare tanta brutalità. Chiediamoci piuttosto cosa abbia spinto il premier italiano a cambiare idea. Le batoste elettorali della sinistra? In parte. Più determinante il confuso attivismo di Macron. Molto fumo e poco arrosto.

Ma almeno un merito ce l’ha. Anzi due. Uno all’interno, mentre la sua popolarità declina: dimostrare di tutelare gli interessi francesi non solo sui cantieri Saint-Nazaire, ma anche in materia di immigrazione. L’altro in politica estera: approfittare dell’assenza della leadership americana (ereditata da Obama) per rilanciare le ambizioni della Francia nel Mediterraneo.

In altre parole Macron tenta di fare quel che da Monti in poi avrebbero dovuto fare gli italiani, che la Libia ce l’hanno alle porte di casa. E il fatto che Sarraj e Haftar abbiano ripreso a litigare dà maggiore urgenza all’unica soluzione sensata: rilanciare l’operazione Sophia e chiudere la rotta dei disperati. Subito: un milione in attesa di imbarcarsi. Al limite affidandoci solo alla nostra Marina.

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