Giovedì 25 Aprile 2024

Le ombre sul debutto

Roma, 24 ottobre 2016 - A oltre un anno dal varo normativo, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal) è pronta a svolgere il gravoso compito di regista della neonata Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, nonché di gestore dell’assegno di ricollocazione, misura sperimentale di riattivazione e accompagnamento al lavoro dei disoccupati, che ha l’ambizione di essere la prima politica attiva a favore degli esclusi dal mercato del lavoro coordinata a livello nazionale. Il diffuso scetticismo che accompagna la nuova Agenzia non è ingiustificato: quello che doveva essere uno dei capitoli centrali del Jobs Act è stato soffocato per quindici mesi in grane burocratiche e rimpalli amministrativi. Ancora non esiste un sito internet ufficiale; pochi sono i dipendenti ministeriali che hanno volontariamente sposato la causa trasferendosi alle dipendenze del nuovo ente; piuttosto difficile è il rapporto tra Anpal, Regioni e parti sociali.

CIONONOSTANTE bisogna sperare che la struttura guidata da Maurizio Del Conte consegua gli obiettivi che si è preposta: sono sempre più numerosi i dati che dimostrano l’urgenza di politiche attive efficienti. Come recentemente certificato dall’Inps, il numero dei nuovi contratti a tempo indeterminato (gennaio-agosto 2016) è inferiore a quello censito nel 2014, quando ancora non era stata approvata la riforma, a conferma dello scoppio della «bolla» occupazionale generata dagli incentivi economici concessi nel 2015. È tornata a crescere la disoccupazione, specie quella giovanile. È sensibilmente aumentato il numero dei licenziamenti per motivi economici e disciplinari, conseguentemente all’entrata in vigore del contratto a tutele crescenti. Se al Jobs Act va certamente ascritto il merito di avere superato alcuni vecchi dogmatismi del diritto del lavoro italiano, l’urgenza della realtà sollecita il governo a chiudere il cerchio e, quindi, a mettere al centro dell’intervento sul lavoro le politiche attive e la formazione continua. Si tratta di materie che meriterebbero ben più risorse di quelle previste nella legge di Bilancio. Peccato il governo abbia scelto di destinarle a più opportunistici scambi in materia di previdenza e politiche passive.

Emmanuele Massagli, Giuslavorista